Finalmente ci siamo. Con la tre giorni di Cosmopolitica siamo finalmente all’avvio di un processo – il processo costituente del nuovo partito della Sinistra italiana – che da anni abbiamo indicato come la necessità più impellente per il nostro Paese. Una necessità per la quale ci siamo battuti, abbiamo compiuto scelte nette, individuato un campo e interlocutori precisi, uscendo dal gorgo di petizioni di principio vaghe e contraddittorie. Human Factor è stato, da questo punto di vista, l’incipit essenziale, nel quale abbiamo misurato la possibilità di determinare un processo e affermare un punto di vista lineare, che vedesse nel contributo dell’intera comunità e della cultura politica di Sel un elemento indispensabile del nuovo soggetto.
Se ci permettiamo oggi di dare un contributo è perché percepiamo fino in fondo la delicatezza della fase e anche la debolezza e la fragilità a cui rischiamo – nella confusione e indeterminatezza del quadro attuale – di consegnare l’obiettivo.
Il primo suggerimento che diamo a noi stessi e a noi tutti ha a che fare con la necessità di assumere la dimensione della complessità. Viviamo in un contesto di violente e rapidissime trasformazioni, che stanno ridisegnando i confini dell’Europa e del mondo e i rapporti di forza su scala globale. Nulla, dalla crisi finanziaria alla moltiplicazione degli scenari di guerra, ci consente di ridurre la politica a slogan, di accettare la logica della banalizzazione e della retorica. Si tratta di ricostruire una cultura politica, di sottoporre a verifica le nostre categorie, le nostre analisi, di aggiornare il nostro sguardo e di affinare la nostra capacità di interrogare il mondo. La comunicazione social non basta, neppure al tempo della rete e del digitale, il surrogato del pensiero non basta. Anzi: disorienta. Per questo motivo è essenziale accompagnare il processo costituente con il coinvolgimento delle energie intellettuali più dinamiche del Paese per fare vivere, dentro la nostra discussione, un pensiero lungo e una capacità di visione. Non circoli intellettuali separati dal processo politico, ma un luogo della elaborazione politico-culturale in grado di rafforzare il processo, dotarlo di una identità, di un orientamento teorico che prenda parola immediatamente nei circoli, nelle assemblee costituenti, nei nodi della rete.
Il secondo suggerimento è concatenato al primo. La cultura politica è essenziale come elemento di orientamento nel mondo quanto come elemento di orientamento nella forma e nella costruzione del percorso. La democrazia digitale è un tema cruciale, la rete è uno degli strumenti fondamentali nella costruzione del nuovo soggetto. E tuttavia la piattaforma digitale, di per sé rilevante, non può essere sostitutiva del partito inteso come luogo della politica permanente e organizzato, come forza capillare radicata nel territorio, nelle sue intercapedini, nelle pieghe di una società complessa e divisa come quella italiana. Ecco che il tema del partito – della struttura organizzata, del nostro corpo collettivo – non è una questione secondaria né arcaica. È una delle grandi questioni da tematizzare, definendo regole precise, forme di partecipazione e democrazia vera da stabilire da subito a garanzia del processo. È la retorica antipolitica del partito leggero e del partito fluido ad avere disarmato le nostre ragioni nella società e nella politica italiana, accompagnando processi oligarchici di sottrazione della politica e della sovranità dalle mani dei soggetti collettivi. Questo non significa avere il torcicollo, pensare di riproporre pratiche e liturgie fuori dal tempo, che non parlano più a nessuno. Significa però impegnarsi per fare vivere in questo tempo l’esigenza – sempre attuale – di organizzare e radicare energie e progetti che altrimenti rimarrebbero muti.
Il terzo suggerimento ha a che fare con la necessità di individuare un programma chiaro e di definire da subito alcune campagne di mobilitazione nel Paese. Perché è evidente che il nuovo partito non può nascere sul posizionamento elettorale all’interno delle amministrative, tra l’altro in contesti tra loro molto diversi nei quali Sinistra Italiana si presenta in forme differenziate, con simboli e coalizioni diverse. Il tema costituente del nuovo partito deve essere il programma, il profilo, la mobilitazione concreta nelle piazze intorno ad alcune priorità decisive. Innanzitutto la democrazia, il referendum contro la riforma della Costituzione, che va affrontato connettendo il contenuto della riforma con la vita quotidiana, con l’espropriazione progressiva degli spazi di sovranità e di potere reale dalle mani dei cittadini. Va evitata da questo punto di vista un’impostazione meramente difensiva e conservatrice. La democrazia infatti non può essere concepita come il mero assemblaggio di regole e procedure, ma è il processo vivo che conduce i corpi sociali ad autodeterminare la propria esistenza. In questo senso può essere il cuore di una battaglia maggioritaria all’interno della società. E poi il lavoro, dialogando con le proposte di mobilitazione avanzate dal sindacato a partire dalla Carta dei diritti universali del lavoro: un piano per l’occupazione, un salario minimo garantito, la redistribuzione del tempo di lavoro, il reddito minimo garantito connesso a politiche di reinserimento al lavoro. Altro che fine del lavoro e del conflitto sociale: la Sinistra deve ripartire da qui, da una internità vera al conflitto sociale, da una capacità di riarticolare un fronte – più ampio di quello tradizionale – che le politiche neoliberiste hanno distrutto e frammentato. Infine la scuola, la cultura, i saperi: da qui si riparte, dalla battaglia contro l’orrenda buona scuola e dalla individuazione di un piano per il diritto allo studio articolato, che garantisca e tuteli l’accesso all’istruzione e la sua qualità per tutte e tutti.
Infine, l’ultimo suggerimento chiama in causa il tema del rinnovamento. Senza nessuna ansia rottamatrice, senza nessuna frenesia nuovista, capace soltanto di mettere una contro l’altra le generazioni, i padri e i figli. Si tratta invece di affrontare fino in fondo l’esigenza di produrre una discontinuità rispetto a un passato recente costellato da errori e fallimenti. E quindi voltare pagina, rinnovare a tutti i livelli la nostra presenza, proponendo credibilità e coerenza, evitando operazioni di maquillage, di accordi pattizi tra pezzi di gruppi dirigenti che hanno esaurito la propria funzione, le proprie energie, il proprio ruolo storico. Bisogna avere il coraggio di cambiare, di rompere lo schema mortifero dei tavoli tra vecchie volpi e giovani cooptati, bisogna accettare l’irruzione di nuove energie, avviando un percorso vero, aperto, inclusivo, in cui la sovranità sia nelle mani di chi partecipa, di chi organizza, di chi porta cuore, testa e gambe dentro il progetto collettivo.
In questo senso, con queste proposte, noi ci siamo.
Esse è una comunità di passioni che raccoglie tante compagne e tanti compagni che hanno un sogno. Contribuire sia sul piano teorico che su quello pratico-politico a ridare alla parola Sinistra il senso che ha perduto.
di:
di: Emilio Russo,