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La nuova sinistra, come quella dell’Ottocento

Ripartire dalle origini

di: giulio di donato,

2 Marzo 2016

Categorie: Archivio

La Sinistra del XXI secolo? Più che dal Novecento, forse dovrebbe ripartire dall’Ottocento, dalle sue origini, dalle prime esperienze di organizzazione del movimento operaio. C’è prima da ricostruire un tessuto, una comunità, una nuova formazione sociale prima ancora che partitica. Organizzare lotte e mobilitazioni, e ricomporle in un fronte comune. Per una rigenerazione dalla basso, a partire da un deciso punto di rottura con tutta la sua “storia recente.”

Non si può, allora, che cominciare dalla costruzione di uno spazio politico organizzato capace di includere quelle voci critiche e sofferenti della società che oggi agiscono e pensano in solitudine e quelle soggettività protagoniste delle varie forme di resistenza e di lotta in atto. Insomma, ricostruire ed organizzare un proprio campo sociale e sfidare un senso comune assai poco favorevole.

“Quello che è certo è che per costruire la forza del cambiamento nell’Europa oligarchica del capitalismo finanziario globale non si può, questa volta, incominciare” – sic et simpliciter – “dal partito né, tanto meno, da una presenza nel campo di una democrazia rappresentativa oggi mutilata e inerte. (…) Altro è, infatti, il terreno da cui ricominciare, nella società, nel conflitto, nella condivisione e socializzazione delle esperienze promettenti”. (1)

La prospettiva resta, comunque, quella di una diversa soggettività politica a sinistra capace di superare sia la subalternità e l’autoreferenzialità della sua componente moderata, sia ogni forma di settarismo, minoritarismo e di rifiuto dello spirito unitario.

Se il Pd rappresenta una fuoriuscita dalla sinistra, un indistinto incapace di determinarsi e definire una propria identità, questo nuovo soggetto politico dovrebbe porsi in continuità con la tradizione del socialismo italiano. Perché quelle radici non vadano disperse, perché da quel patrimonio di idee, domande e valori si riparta. Senza chiusure identitarie, né ripiegamenti settari o minoritari; ciò che importa è che mantenga quel legame, che si ponga dentro quella storia, dentro quella tradizione. Perché valga ancora il richiamo ad un orizzonte di socialismo, a quella prospettiva – cui allude l’art. 3 comma 2 della Costituzione – di liberazione umana dallo sfruttamento e dall’alienazione e di “vera democrazia”, per dirla col giovane Marx, che non è tale se non è anche democrazia economica. Perché senza quella tensione, procedendo di smarcamento in smarcamento, si rischiano nuove subalternità e nuovi ripiegamenti.

Per questa sinistra nuova, dunque, c’è qualcosa di già saldamente piantato: i valori fondamentali del movimento operaio assieme a quelle questioni che sono sorte al di fuori del movimento operaio stesso (ambientalismo, femminismo), l’aspirazione alla giustizia sociale, alla libertà, il valore dell’uguaglianza, la lotta contro l’alienazione sociale e la critica al capitalismo che è l’identità essenziale di una forza di sinistra che voglia essere realmente tale.

Una grande forza popolare e di massa le cui ragioni non stanno in una astratta identità, ma nella sua funzione storica di cambiamento e trasformazione sociale. Che una volta nelle istituzioni non degeneri verso forme di autoreferenzialità o di involuzione oligarchico -burocratica, ma coltivi quella dialettica positiva fra “lotte nelle piazze” e “lotte nelle istituzioni” per cui si utilizzano e si combinano entrambe nel modo più utile ed efficace possibile allo scopo di modificare i rapporti di forza e di trasformare lo “stato di cose presente”.

1) F. Bertinotti, Alternative per il socialismo, num. 28, “Il partito operaio. Un’intera storia si è chiusa”, pag. 23.

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giulio di donato

Romano. Militante di base. A Sinistra, in direzione ostinata e contraria.

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