U: Come faceva quella canzone di Guccini? “Dio è morto”, vero?
A: Si, morto perché assente o indifferente alle ingiustizie, alle atrocità, alle menzogne ed ipocrisie dell’umanità, alle frivolezze malvage, agli sprechi ed anche ai sogni.
Ma poi alla fine, l’autore della canzone, lo fa risorgere-“ se Dio muore, è per tre giorni poi risorge”- indicando la speranza per tutti che torna dopo i tempi bui. Sempre, stando alla bella canzone.
U: Ti sembra che sia così? Che la speranza sia viva?
A: Io spero che sia così, ma sinceramente non so.
E poi, Guccini scrisse questa canzone cinquant’anni fa. Mi pare che se doveva risorgere, sarebbe già risorto e almeno alcune delle nostre speranze sarebbero già realtà.
O diceva così per dire? O indicava un futuro remotissimo che non ci riguarda?
Eppure, scriveva l’autore: “Ma penso che questa mia generazione è preparata a un mondo nuovo e una speranza appena nata, ad un futuro che ha già in mano…”.
E in quella canzone abbiamo creduto in tanti per un paio di generazioni: quindi dovremmo già essere nell’era della speranza e della fratellanza, considerato il tempo che è passato.
Ma non mi pare che sia così. Tu, che ne pensi Umanista?
U: Caro Amico, io penso che hai ragione tu: se mai Dio è morto, non l’ho ancora visto risorgere sotto la forma bella della speranza e della fratellanza.
Anzi, secondo me non è mai morto. Non è mai morto ciò che noi non chiamiamo direttamente “Dio”, ma che veneriamo come un dio, in tutti i luoghi del mondo, in forme più o meno intense, ma tutte unite da un passione e da una fedeltà comune.
Un dio che ci domina incontrastato e che noi preghiamo con infinita devozione.
È il dio del successo, della bellezza, della ricchezza, del “benessere” materiale, che ha di fatto scacciato dal suo Eden, i valori dell’ eguaglianza e della giustizia, la preziosità della purezza interiore. Ha respinto la comunanza materiale e immateriale.
Il dio indifferente e perciò spietato, dell’economia, che non è ancora morto, ma che mostra ormai tutta la sua debolezza, gettando nello sconforto i suoi fedeli seguaci.
Tutti noi. A uno a uno, soli.
Come quel trentenne in Friuli, Michele, che si è tolto la vita, schiacciato da anni di precariato che gli hanno negato la dignità e ogni speranza di avere un posto fra gli altri, di essere uomo fra gli uomini nella forma vuota che il dio denaro ci ha orribilmente insegnato e imposto.
Ed ora che questo falso dio è morente, porta con sé gran parte di noi.
Ma ancora una speranza non si vede all’orizzonte e la canzone di Guccini dovrebbe ormai essere cantata sulle note struggenti delle parole di quell’uomo, Michele, il quale scegliendo la morte ha scritto :” …ora sono di nuovo a casa”, “È una realtà sbagliata la nostra – spiega Michele – una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni e insulta i sogni”.
Ecco, è questa la nuova canzone che tutti dovremmo ascoltare e cantare.
È un dio che non muore, quello della nuova canzone, il nostro dio ingannevole.
È un dio tenace e falso che per ora vede morire solo noi e la speranza.
di:
di: Giada Pistilli,
di: Alessia Galizia,