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Sinistra, domande e risposte. Intervista a Franco Cassano

Abbiamo incontrato il sociologo e politico in occasione dell'uscita del suo ultimo libro per parlare delle prospettive di una Sinistra senza più "il vento della storia"

di: andrea colasuonno,

13 Febbraio 2016

Categorie: Idee a sinistra, La Sinistra, Società

Lo raggiungiamo alla presentazione del suo ultimo libro: Senza il vento della storia. Prima c’erano stati Il pensiero meridiano, Paeninsula, Modernizzare stanca, Tre modi di vedere il Sud, L’umiltà del male, solo per citarne alcuni. Franco Cassano, sociologo dell’Università di Bari, docente di lungo corso, negli anni Settanta fu attivo esponente dell’École barisienne, un gruppo di giovani intellettuali che provarono a dare una loro interpretazione del marxismo; negli anni Novanta fondatore e militante di Città Plurale, associazione con cui provò (con successo) a riattivare la società civile del capoluogo pugliese; dal 2005 è stato indicato da molti come uno dei padri ispiratori della cosiddetta Primavera pugliese, per intenderci, quelli dei 10 anni del governo Vendola. Da due anni è parlamentare in forza PD e nel suo ultimo lavoro ha provato a capire quali sembianze potrebbe e dovrebbe avere la sinistra che verrà. Ne abbiamo approfittato per fargli qualche domanda.

Lei nel 2012 aveva giù pubblicato un libro, “L’umiltà del male”, in cui evidentemente parlava alla Sinistra. Come mai l’esigenza di tornare a farlo 2 anni dopo? Quanto ha influito nella scelta dei temi da lei trattati la sua esperienza parlamentare?

La sinistra è qualcosa che abita nella mia esistenza da quando ero ragazzo, si riaffaccia in vari modi e con tempi diversi. Nell’ultimo periodo certamente nella mia vita c’è stato questo cambiamento: dopo 40 anni di insegnamento e di passione civile, a un certo punto è arrivata l’esperienza parlamentare, cioè un’esperienza politica a tempo pieno. Un’esperienza difficile maturata dopo un risultato elettorale non positivo e dentro la quale la sinistra ha cercato di costruire un rapporto con l’avversario per affrontare alcuni dei problemi più gravi che abbiamo di fronte. Questo è stato un passaggio molto delicato in cui ci si è resi conto che la sinistra doveva uscire dall’insediamento sociale ormai ristretto che l’aveva votata nel 2013. La sinistra ha tutt’oggi un radicamento sociale che viene più dal passato e deve invece invertire la tendenza e cercare di costruire un rapporto più in positivo mettendo in discussione anche qualcosa di sé, coinvolgendo i giovani e guardando al futuro, questa è la priorità assoluta.

 Lei nel libro parla di “linee di divisione” attorno alle quali le società si organizzano, ad esempio quella fra destra e sinistra o fra cristiani e musulmani e così via. Pensa che nell’Europa di oggi possa tornare a farsi sentire la divisione di camusiana memoria “fra meriggio e mezzanotte”, ossia fra Europa continentale e Europa mediterranea?

In fondo l’idea del Mediterraneo è un’idea di “associazione”, di un mettere assieme figure, immagini, culture, legate, ma allo stesso tempo differenti. Le linee di divisione di cui parlo, quelle nazionali o religiose, spesso invece enfatizzano l’elemento della contrapposizione. Pensiamo a certe forme di fondamentalismo o di nazionalismo che per definizione sono una chiusura all’altro. Purtroppo oggi sono molto rilevanti e sono un problema per chi invece come me ritiene che l’idea di sinistra sia anche legata ad un allargamento della fraternità fra uomini e quindi alla capacità di superare le divisioni.

Anche se in questo libro lo cita direttamente solo una volta, lei in passato si è occupato molto di Mediterraneo. Pensa che “l’alternativa mediterranea” sia qualcosa che una nuova sinistra, in questo periodo storico, dovrebbe percorrere? Per essere concreti: pensa ad esempio che un’asse dei partiti di sinistra dei paesi mediterranei possa essere una mossa efficace in funzione anti-austerity?

Mediterraneo non significa soltanto paesi mediterranei dell’Europa ma anche di quelli della sponda sud, bisogna allora dire che c’è stato un momento, che la sinistra e l’Europa in generale non hanno colto, ossia il momento delle rivoluzioni arabe, in cui qualcosa in quel mondo si era messo in movimento. Purtroppo a parte la Tunisia quel mondo si è richiuso, e l’impressione che ho è che la sinistra e anzi l’Europa, abbiano perso l’occasione. L’Europa si è disinteressata del Mediterraneo, ha guardato altrove, ad esempio alla Germania, e quando a quel mare ha guardato lo ha fatto intervenendo con azioni come quelle di Francia e Inghilterra in Libia. Probabilmente il tema è questo, quello del rapporto fra la sinistra e l’Europa ed è un problema rilevante per ridare spazio alla tematica del Mediterraneo.

Nel terzo capitolo lei parla di “universalità perduta” spiegando che ormai esiste una classe di garantiti dalla politica e una classe di esclusi. Quali sarebbero a suo avviso le 2 o 3 istanze fondamentali di cui la sinistra dovrebbe farsi promotrice per tentare di essere rappresentativa di questa ”maggioranza esclusa”?

Deve fare un’operazione più complessa che non quella di trovare 2 o 3 punti programmatici. Ad esempio “Podemos” in Spagna ha scelto di difendere la causa degli esclusi senza forse tener conto che per includere, oltre a cambiare le caratteristiche del welfare state, bisogna prevedere nello sviluppo imprese che creino lavoro. Non si può pensare di espandere la sfera dei diritti senza conseguentemente avere il problema di come espandere le risorse. I diritti, cioè ad esempio la possibilità di ciascuno di noi di essere curato, non sono altro che risorse che si mettono a disposizione del cittadino. Bisognerebbe avere uno sguardo strabico, allargare i diritti ma procurarsi risorse per sostenerne il rispetto, altrimenti diventano pura retorica.

Cosa è rimasto nella sua concezione di “sinistra” di quella che era l’idea di “sinistra” dell’École Barisienne? Pensa che alcune istanze di quell’esperienza siano ancora valide?

È una cosa di tanto tempo fa. Io sono contento di aver fatto quell’esperienza ma eviterei di proiettarla sul presente. Da quel gruppo si sono dipanate tante storie, fu indubbiamente un momento di grande vitalità. Bisognerebbe lavorare per crearne di nuovi non mimando quell’esperienza ma cercando di vedere se nel presente esistono le condizioni per fare qualcosa di simile.

andrea colasuonno

Andrea Colasuonno nasce ad Andria il 17/06/1984. Nel 2010 si laurea in filosofia all'Università Statale di Milano con una tesi su Albert Camus e il pensiero meridiano. Negli ultimi anni ha vissuto in Palestina per un progetto di servizio civile all'estero, e in Belgio dove ha insegnato grazie a un progetto dell'Unione Europea. Suoi articoli sono apparsi su Nena News, Lo Straniero, Politica & Società, Esseblog, Rivista di politica, Bocche Scucite, Ragion Pratica, Nuovo Meridionalismo.

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