Esse - una comunità di Passioni

“Sono omosessuale e sono felice di esserlo”

Breve storia della piccola Stonewall italiana

Si dice spesso che viviamo schiacciati nel presente.

Un presente senza passato e senza futuro, scandito dai bit istantanei di un’informazione frammentata e nascosta nei commenti simultanei e nei like della falsa democrazia dei social.

Un’informazione adulterata, che si insinua negli interstizi delle nostre vite da androidi, sempre connessi e mai realmente partecipi del movimento reale che fa la storia e cambia la società.

Per questo capita che una manifestazione come quella del 5 marzo, convocata d’urgenza dal sinedrio delle associazioni lgbt con slogan battaglieri e indignati, dopo l’indecente spettacolo che è andato in scena al senato, perda via via smalto, ammorbidisca gli slogan e ceda al conformismo politically correct di Renzi che parla di un “momento storico”, e al fastidioso chiacchiericcio mediatico che invoca l’unità. L’unità del gregge radunato nel recinto della mediocrità dai cani da pastore del regime.
Così la manifestazione dell’ Ora basta , proclamato negli eventi, nei banner pubblicitari e nei comunicati congiunti delle “rappresentanze di movimento”, diventa improvvisamente la manifestazione dell’Ora Diritti alla meta.

La meta indicata da santa Monica Cirinnà martire e dal suo amato presidente che non “accetta ricatti”, e che girerà tutte le parrocchie d’Italia per convincere frati e beghine che le unioni civili, il nuovo ghetto giuridico creato appositamente per noi gay e lesbiche d’Italia, sono cosa buona e giusta.

In questo clima mi pare utile ricordare un pezzo di storia, la nostra storia.

Quella storia che nessun capo scout diventato premier può sequestrare e che nessun leader di movimento può cancellare a colpi di slogan melliflui e ipocriti.

La memoria è necessaria perchè le cose che si dimenticano possono ritornare, e perchè non si può raggiungere alcuna meta se non si conosce da dove veniamo e verso dove camminiamo con le nostre storie di r/esistenza e di lotta.

Una lotta quotidiana contro i pregiudizi della morale borghese e eteronormata.
Tutt* o quasi conoscono la storia dei moti di Stonewall del 28 giugno 1969, se non altro perchè li ricordiamo ogni anno con i Pride, pochi invece conoscono la storia di quella che è conosciuta come la piccola Stonewall italiana.

Era il 5 aprile 1972 e a Sanremo si teneva un convegno sulle “devianze sessuali” organizzato dal Centro italiano di sessuologia, un organismo pseudoscientifico di ispirazione cattolica. Tra gli interventi previsti c’erano quelli dello psichiatra inglese Philip Feldmann che proponeva una tecnica particolare per “guarire” i suoi pazienti: veniva proiettata la diapositiva di un uomo nudo, se i “pazienti” indugiavano ad ammirarla per più di 8 secondi ricevevano una scossa elettrica ai polpastrelli, in modo da associare al dolore il piacere peccaminoso che provavano nell’ammirare quelle nudità. Il professor Jefferson Gonzaga, dell’ Università di San Paolo, preferiva affidarsi all’ipnosi, un trattamento che poteva durare anche dieci anni, mentre molto più radicale e rapida era considerata la cosiddetta “tecnica di Reder” consistente “nel produrre una lesione in quella zona del cervello che si chiama nucleo ventricolare mediale”, una pratica altrimenti nota come lobotomizzazione.
Intanto l’Italia si preparava alle elezioni politiche che il 5 maggio avrebbero registrato una significativa avanzata del Movimento Sociale Italiano e la formazione di uno dei tanti governi Andreotti, con l’asse decisamente spostato a destra. Due anni prima il generale Franco aveva reintrodotto in Spagna il reato di omosessualità ed erano forti le pressioni clericofasciste perchè un simile provvedimento venisse introdotto in Italia.
Così un gruppo di giovan* valorosi*, una quarantina in tutto, provenienti da tutta Europa, si diede appuntamento in riviera, e contestarono apertamente gli psichiatri, per nulla disposti a sperimentare le loro cure, a base di elettroshock e cocktail ormonali.
Si iscrissero a parlare, mettendo sonoramente a tacere quei grigi signori del sesso e le loro pretese disciplinari. Il primo a intervenire fu Angelo Pezzana, tra i fondatori del FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), e il suo incipit fu memorabile : “Sono omosessuale e sono felice di esserlo”.
Insieme a loro c’era un giovanissimo Mario Mieli, il rampollo di buona famiglia milanese che da lì a poco avrebbe dato scandalo con la sua condotta irriverente e con i suoi “Elementi di critica omosessuale” , e che avrebbe sconvolto le certezze sessuali di tanti giovani proletari nei giorni del festival del Parco Lambro.

La tre giorni sanremese si concluse con la scia puteolente lasciata da bombolette di gas derattizante, lanciate in sala da quei combattivi e orgogliosi precursori . Un vero trionfo, che viene considerato il battesimo di fuoco del movimento lgbt italiano.

Pochi giorni dopo, la cronaca dei fatti di Sanremo fece la sua comparsa sul primo numero di FUORI, con un reportage dal significativo titolo Come si vince contro chi ci opprime .
Ho raccontato questa storia, che sono certo sia pressocchè sconosciuta, non certo perchè non sia consapevole che in questi quarant’anni tanta acqua sia passata sotto i ponti. La società e i suoi costumi sono cambiati e oggi la nostra vita è più agevole, anche se la piaga dell’omotransfobia non è stata ancora sconfitta.
Di una cosa però sono certo : noi non dobbiamo ringraziare nessuno, e non dobbiamo avere paura dei ricatti di chi governa, affidando il delicatissimo dicastero degli Interni, da cui dipendono le forze dell’ordine che fino all’altro ieri erano i fieri guardiani di quello Stato etico che ci perseguitava, a quell’indegna persona che ancora oggi ha l’impudenza di definirci contronatura.

La legge Cirinnà, se sarà approvata, potrà forse risolvere qualche problema a chi, fra noi, ha deciso di affrontare la vita insieme a un compagno stabile e fedele. Ma la nostra dignità e la nostra forza non risiede in un riconoscimento legislativo dei nostri amori, ma nella gioia e nel coraggio delle nostre vite fiere e resistenti.
Accanto ai rivoluzionari del Fuori nei giorni di Sanremo c’era un gruppo di “omofili” (così si definivano) benpensanti che predicavano la politica dei piccoli passi, e che con sprezzo del ridicolo e senza vergogna ritenevano che anche dagli psichiatri cattobigotti del congresso erano arrivate delle timide aperture.

Ad essi replicarono quei froci e quelle lesbiche che segnarano con la loro sprezzante e gioiosa rivolta l’inizio di una nuova era nella storia del movimento di liberazione sessuale.

Ricordiamocelo: oggi, il 5 marzo e sempre !

Alberto Rotondo

Vive a Catania. Attivista politico antirazzista, antisessista e antispecista. Si interessa di questioni economiche e di politica europea e internazionale.

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