Chi non ricorda, soprattutto tra i lettori di Repubblica ma non solo, Mojmir Jezek, autore di quegli splendidi cuori che decorano la rubrica di Natalia Aspesi sul Venerdì del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, nel quale comincia a lavorare nel 1978, dove si discetta dei tormenti che caratterizzano appunto le questioni di cuore? Nato da padre ceco e madre italiana, da sempre orientato a sinistra fin dagli anni caldi del ’68 – pochi anni fa realizzò anche una locandina per una festa dell’allora quotidiano di Rifondazione comunista “Liberazione” – collaboratore di testate trasgressive o satiriche come “Playboy” o “Il Male”, autore di numerose mostre ed iniziative culturali, Jezek ha poi fondato la casa editrice “Core Edizioni”che annovera nella sua produzione la riproduzione serigrafata su card, t-shirt, poster e shopper di alcune delle sue tante opere e un libro-raccolta dal titolo ”Batticuori”. Quest’ultimo mette insieme cento di quelle immagini che tanto ci hanno commosso e destato simpatia per questo originale artista. Questa volta l’occasione per parlare di lui è “Sferica”, la mostra ospitata a Roma dal Centro Luigi Di Sarro, inaugurata martedì scorso e visibile fino al 30 aprile, curata da Roberto Gramiccia, medico, scrittore e critico d’arte.
Prima di insinuarci nelle stanze che ospitano le opere, ci sembra doveroso ricordare chi era la persona alla quale è stato intitolato il Centro: Luigi Di Sarro, medico anche lui ed artista promettente, morì tragicamente il 24 febbraio 1979 nei pressi dell’ospedale S.Spirito di Roma, colpito da agenti in borghesi, dunque indistinguibili da eventuali malviventi, ai quali lui cercò di sfuggire a bordo della sua auto, purtroppo con l’esito che conosciamo. Sulla base della normativa di allora, la famigerata Legge Reale, nessuno fu condannato per questo omicidio, come nessun altro responsabile delle 254 morti causate da questa legge sciagurata, contro la quale tra le forze politiche ben pochi si opposero.
La memoria di quest’uomo già dal 1981 è stata onorata dalla realizzazione di questo centro culturale, situato nel bel quartiere romano di Prati, che appunto in questo caso ospita le opere di Jezek.
Si tratta di lavori assolutamente originali, realizzati in due o tre dimensioni in cartone, polistirolo, gommapiuma e rame battuto, tutti dedicati alla figura femminile e che idealmente si coniugano con un grembo muliebre, realizzato in maglia metallica proprio da Luigi Di Sarro tanti anni prima. Edè proprio questa affinità ad aver portato a questa scelta espositiva.
Jezek per anni ha lavorato sul corpo femminile, iniziando quando la madre di suo figlio era incinta. A proposito di gravidanze e corpi femminili Gramiccia così commenta la mostra di Jezek: “C’è un vuoto e un pieno nelle opere in rame di Ježek , un vuoto e un pieno che parlano di una mancanza e di un “di più” che dialogano tra loro. Il vuoto è ciò che manca a un universo che ancora soffre la fame nei vari sud del mondo o che condanna a morte per annegamento dei piccoli esseri umani. E poi se li dimentica, come si dimentica un mal di gola o un mal di pancia, come si dimentica una cosa da nulla. Il pieno invece è quello che allude a una vita che sta per nascere nonostante tutto. Spesso, molto più spesso, in quelle parti del mondo che soffrono di più. Quelle parti del mondo nelle quali meglio sarebbe non mettere al mondo figli. Ma i nati nascono e non chiedono permesso. Le pance si gonfiano, i fianchi si allargano e la specie si autoconferma, se pur fra contraddizioni che sono comelembi stracciati da uno strappo”.
Emerge dunque l’irrazionalità di una “vita che straparla”, che stride con “l’armonia apollinea della geometria” delle opere di Jezek. Un artista che cerca di “rendere giustizia all’eterno dilemma fra caos e cosmos, fra ordine e disordine, fra lucido e opaco, fra morte e vita, fra vuoto e pieno”, come osserva il curatore di questo interessante evento culturale che parla di noi, della nostra vita e delle nostre eterne ed irrisolvibili contraddizioni.
di: antonio mazzuca,