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Politica, quella vera

Dall'archivio di EsseBlog

di: Alessandro Gilioli,

25 Febbraio 2016

Categorie: Archivio

Qualche giorno fa ho ascoltato qui a Roma, in una breve occasione, un paio di collaboratori di Alexis Tsipras, il leader del partito di sinistra che in Grecia oggi viene valutato al 30 per cento e che – parole loro – «si prepara a governare».
È stata un’esperienza inedita: perché parlavano solo di politica, quella vera. Povertà e strumenti per combatterla, decisioni locali o europee che fanno bene o male alle persone distrutte dalla crisi, padri di famiglia che scavano nei cassonetti dell’immondizia, effetti del fiscal compact, famiglie che assaltano camion della frutta, diritti sociali e civili, possibilità di ribaltare il tavolo senza cadere nelle semplificazioni populiste che tanto dilagano, ma con atti concreti e riforme forti, insomma con un New Deal europeo.
Un’esperienza inedita, appunto: quando incontro qualche politico della sinistra italiana di solito si parla di correnti contrapposte, congressi da vincere, amici da piazzare e avversari da far fuori. Nel migliore dei casi, si estrae dai ricordi qualche schemino ideologico. In ogni caso la realtà, quella che sta fuori, pare non pervenuta.
Ci ripensavo oggi leggendo l’intervista alla ‘Stampa’ dello stesso Tsipras, che a queste europee si candida alla presidenza Ue. E mi veniva un po’ da piangere confrontando le sue parole tanto chiare sul presente e sul futuro di noi tutti con le minuscole beghe nostrane: bisogna dire Jobs Act o riforma del lavoro? Meglio candidare la società civile o i vertici dei partitini? Che ruolo devono avere Ingroia o Ferrero nella costruzione del nuovo soggetto politico? Ma poi come ce li dividiamo i rimborsi elettorali? E altre miserie così, di cui mi vergogno perfino un po’ a scrivere e di cui sono stato brevemente testimone un anno fa, prima di scappare a gambe levate.
Nell’ascoltare quelli di Syriza, invece, tutto appariva lampante nella sua urgenza: a iniziare dalla necessità che ciascuno faccia fare un passo indietro al proprio io per affrontare la catastrofe insieme, proprio come dopo un terremoto non ci si mette a litigare per mostrare la carriola alle telecamere ma si lavora e basta.
Chissà, forse non è proprio un caso che loro ragionando così loro siano al trenta per cento mentre la cosiddetta sinistra italiana è riuscita a compiere un capolavoro al contrario: anziché conquistare consensi tra le persone alle idee di sinistra per uscire dalla crisi, ha costretto quanti in quelle idee già credono alla diaspora. Tra l’astensionismo, il Movimento 5 Stelle e perfino il renzismo, più appunto le litigiose siglette innamorate del proprio simbolo e dei propri vecchi leader eternamente perdenti.
Ecco: adesso sarebbe sciocco, oltre che un po’ ridicolo, andare a chiedere a quelli di Syriza di risolvere queste pochezze antiche e sciagurate. Col cacchio, che funziona così. Funziona solo – e magari neppure a questo giro – se qui da noi si cambia la zucca. Tutti. Radicalmente.
 Facendo politica, quella vera.
 Perché i padri di famiglia che cercano avanzi nei cassonetti li avremo presto anche qui da noi. E non credo che siano interessatissimi agli scazzi di cui sopra.

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