Esse - una comunità di Passioni

Che fine hanno fatto i pacifisti?

La vera scelta non è tra non violenza e violenza ma tra non violenza e non esistenza

di: Luigi Nappi,

5 Aprile 2017

Categorie: Diritti, Medio Oriente, Politica Estera

“La vera scelta non è tra non violenza e violenza ma tra non violenza e non esistenza… Se non riusciremo a vivere come fratelli moriremo tutti come stolti”.

Questo famoso incipit di Martin Luther King sembra messo in discussione dai continui attacchi, di terrore e di guerra in genere che si susseguono costantemente sotto i nostri occhi, increduli e impotenti.
In effetti, gli avvenimenti drammatici, negli ultimi decenni, ci dicono esattamente il contrario. Lo scontro geopolitico tra stati, religioni, alimentato sempre e comunque da un odio incondizionato, mettono in serie difficoltà chi ha scelto di vivere e lottare fuori dal sistema del pensiero unico capitalista e per una nuova umanità.

Ciò che accade in queste ore rende tutti noi inermi, ed è agghiacciante pensare al fatto che non c’è, nemmeno lontanamente, un affievolimento speranzoso riguardo gli attacchi contro l’umanità. Sono tanti i morti e i feriti causati dall’esplosione avvenuta in un convoglio della metropolitana di San Pietroburgo, ancora di più, invece, i morti del nuovo bombardamento in Siria con l’utilizzo di armi chimiche. Immagini, dunque, da film dell’orrore, tanto da far riunire l’ONU in un vertice d’emergenza. Una guerra, questa, che ha il volto dei bambini.
Il declino, in termini (forse) di rassegnazione, dello straordinario movimento pacifista di massa è sotto gli occhi di tutti. Pertanto pensiamo sia necessario riorganizzare le fila, scendere nuovamente in piazza, chiedere alle comunità internazionali di intervenire con durezza. In prima linea nel condannare l’uso delle armi e la guerra senza se e senza ma.
Dopo gli attentati dell’11 Settembre e dopo le imposizioni militari ed economiche simili ad un impero da parte degli Stati Uniti di Busch, il movimento che nacque a Porto Alegre divenne, oltre che no global anche pacifista e riuscì a portare nelle piazze di tutto il mondo, non da meno l’Italia, milioni di persone. Non possiamo continuare, egoisticamente, a voltare il capo, peggio, a far finta di non vedere. Verrebbe meno persino la nostra militanza politica.

Il rinnovato slancio delle destre in Europa e nel mondo, unito ai nuovi fascismi, con efficacia danno vita ad una propaganda di odio, generatrice di pulsioni reazionarie, unite tutte nel blocco del pensiero unico liberista e neo autoritario. E’ la riprova che crescono i populismi in conseguenza di una esponenziale crescita delle sofferenze. Pertanto, il rischio che la sinistra possa nuovamente cadere in crisi si manifesta quando essa smette di essere tale.

Occorrerà per il nuovo movimento politico “Articolo UNO – Movimento Democratico e Progressista”, andare oltre le dinamiche parlamentari. Anzi, peso che tale dinamica sia insufficiente. Perciò, occorrerà scendere in piazza, come d’altronde ha sempre fatto il movimento operaio e democratico della sinistra italiana, comunista e socialista. Scendere in piazza contro la guerra, impegnati in una nuova forma di antagonismo politico. Si tratta dunque di prospettare una nuova idea di “umana società”, basta sul lavoro, sui diritti, sul pacifismo, sulla cittadinanza e sulla persona.
La sinistra, pertanto, deve tornare a stare nelle lotte, per la difesa dei diritti negati, contro le guerre e le politiche reazionarie. Non avrebbe senso nemmeno questo breve componimento di Bertolt Brecht:

La guerra che verrà
non è la prima. Prima
ci sono state altre guerre.
Alla fine dell’ultima
c’erano vincitori e vinti.
Fra i vinti la povera gente
faceva la fame. Fra i vincitori
faceva la fame la povera gente egualmente.

Fu scritta nella città danese di Svendborg, una delle prime tappe del suo lungo esilio. Egli manifesta tutto il suo pacifismo, in linea con i suoi ideali socialisti. Aveva ragione Brecht, in una situazione così drammatica, di estrema sofferenza umana, di guerra, di attacchi terroristici, soffriranno i vincitori così come i vinti.

Luigi Nappi

Sono nato nel 1985 a Nola, una cittadina della provincia napoletana, territorio vittima della camorra e dallo scellerato inquinamento ambientale definito "terra dei fuochi". Per questo ho scelto di lottare per una realtà diversa, a partire dalla realtà stessa. Scelsi di militare nel partito della rifondazione comunista e per circa dieci anni, ho intrapreso battaglie molto dure in un territorio molto complicato, in difesa del lavoro, a sostegno della legalità, a tutela dell' ambiente e dei beni comuni. Attualmente, insieme a tanti compagni, abbiamo dato vita ad un associazione politica culturale chiamata FRASTUONO, per la crescita del paese verso uno sviluppo armonico, sociale, culturale e morale. Seguo, con interesse i lavori costituenti per un partito della sinistra alternativa, conscio del fatto che essere comunisti e di sinistra è sempre stato difficile, oggi più che mai.

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