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Come sta il Labour Party britannico?

Analisi dei risultati ottenuti dal Labour Party alle ultime amministrative in Gran Bretagna

di: Andrea Pisauro,

13 Maggio 2016

Categorie: Europa, Politica Estera

Dopo le amministrative britanniche di giovedì scorso in Italia si è cercato di raccontare la storia di una sconfitta elettorale del Labour Party, ma è proprio così?

 

Non si votava mica solo in Scozia

La tornata elettorale comprendeva il rinnovo dei tre parlamenti devoluti di Scozia, Galles e Irlanda del Nord, e, in Inghilterra, l’elezione di quattro sindaci (Londra, Bristol, Liverpool e Salford) e relativi consigli comunali, il rinnovo integrale di 18 consigli metropolitani, distretti e autorità unitarie (5% del totale), e quello parziale di un terzo o metà dei consiglieri in altri 106 (un terzo del totale). In Inghilterra si votava inoltre per due elezioni suppletive per il parlamento e per l’elezione di diversi commissari di polizia.

 

Il primo partito? Il Labour

Nonostante le fosche previsioni della vigilia, il partito guidato da Jeremy Corbyn si è assicurato la percentuale nazionale più alta di voti (stima BBC), il numero maggiore di consiglieri, tutti e quattro i sindaci eletti direttamente (con le importantissime riconquiste di Londra e Bristol) e i due deputati, eletti senza problemi nelle suppletive. Si è confermato partito di maggioranza relativa in Galles e soltanto in Scozia è andato incontro a una brutta sconfitta, le cui ragioni analizzeremo di seguito. Se vincere una contesa elettorale è un criterio per giudicarne l’esito, questi risultati sono stati piuttosto positivi per il Labour Party.

Vengono mantenuti praticamente tutti i seggi conquistati nel 2011 e del 2012, (tornate elettorali decisamente vittoriose) e le proiezioni della BBC parlano di un Labour che guadagna il 2% rispetto alle politiche del 2015. Al contrario i Conservatori arretrano in modo significativo sia in Inghilterra che in Galles e nelle proiezioni nazionali perdono oltre il 5% subendo il sorpasso del Labour.

 

La leadership di Corbyn tiene botta

Di fatto, se questo era il test elettorale decisivo per misurare la leadership di Corbyn ed eventualmente aprire le porte alla spallata da parte dell’opposizione interna, questi risultati allontanano a tempo indeterminato la prospettiva di una “challenge” al leader. Corbyn ha dimostrato coi fatti che il suo Labour è competitivo elettoralmente almeno quanto quello del suo immediato predecessore, smentendo i profeti di sventura e mostrando che non c’è una sconnessione tra gli elettori Labour e gli iscritti e simpatizzanti che lo hanno scelto al congresso. Ci sono e continueranno a esserci deputati laburisti che non si riconoscono nella sua guida ma questi non hanno fatto mancare il loro supporto elettorale. Potrebbe avere aiutato il fatto di non averli chiamati gufi?

 

Sì, ma la Scozia? Continua a pensare all’indipendenza

Qui il crollo del Labour ha colto di sorpresa soltanto i giornali italiani. La disfatta era ampiamente prevista e il collasso del voto laburista era evidente anche alle politiche dell’anno scorso (-40 seggi), ben prima dell’arrivo di Corbyn alla guida del partito. Il Labour, perde il 9% rispetto a 5 anni fa ma appena il 2% rispetto allo scorso anno, frutto della scarsa popolarità e inesperienza della nuova leader dello Scottish Labour, peraltro lontana dalle posizioni di Corbyn.

In realtà i risultati elettorali scozzesi si limitano a fotografare gli stati d’animi rispetto alla questione tuttora centrale dell’indipendenza dal Regno Unito. A un anno e mezzo dal referendum vinto di poco dagli unionisti, i nazionalisti (che si dichiarano socialedemocratici) sono ancora nettamente il primo partito (47%) e governeranno con i Greens (che sfiorano il 7% grazie alla loro posizione pro-indipendenza), mentre i Conservatori  (+8%) beneficiano della loro opposizione radicale alla disgregazione del Regno, in un dibattito sempre più polarizzato nel quale il Labour rimane schiacciato nel mezzo. Responsabilità di Corbyn nel tracollo? Lo 0,00%.

 

A Londra vince un partito in salute

Molto più rilevante per giudicare la performance del Labour il trionfo di Sadiq Khan alle comunali di Londra (la quale ha quasi il doppio degli abitanti dell’intera Scozia). Erroneamente dipinto come anti-Corbyn, Khan, che non è mai stato un blairiano (addirittura fu uno dei deputati che nominò Corbyn per la leadership) ha vinto su una piattaforma centrata su social housing, mobilità sostenibile e politiche per il riscatto sociale. Forte della cospicua mobilitazione dei cittadini europei (il suo avversario conservatore Zac Goldsmith sostiene il Brexit) Sadiq Khan ha saputo trovare il giusto mix di radicalità e modernità per una città multiforme e dinamica come Londra. La sua vittoria è lo specchio di un partito in salute, capace di compattarsi e strappare dopo 8 anni la capitale britannica ai Conservatori.

Questi risultati sono un incoraggiante segnale: la Gran Bretagna sta iniziando a voltare pagina dalla fallimentare esperienza del governo dei Conservatori. A partire dal referendum sul Brexit, il prossimo 23 Giugno, per il quale è partita questa settimana la campagna Labour in For Britain, la Gran Bretagna e l’Europa possono contare su un’organizzazione radicata e vincente: il Labour Party di Jeremy Corbyn.

 

Andrea Pisauro

http://andreapisauro.com

Andrea Pisauro ha coordinato il circolo di SEL-UK fino al suo scioglimento e rappresenta la lista Moving Forward nel Comites di Londra. E' un corbynista della prima ora, membro del Labour Party e di Momentum. Cittadino europeo di lingua Italiana e fede romanista, studia le decisioni umane a Glasgow e ha un debole per quelle irrazionali, come ad esempio scrivere un Manifesto per ricostruire la sinistra Italiana da Londra. A 33 anni superato l'inguaribile ottimismo gli è comunque rimasta una discreta volontà ed è deciso a farne buon uso.

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