Lo sappiamo, la pandemia sta ridisegnando la società in cui viviamo in modi che non avremmo mai immaginato prima, dal come stiamo insieme a come esprimiamo l’affettività passando per lo sconvolgimento in campo economico, ci troveremo gioco forza a fare i conti con una società completamente nuova.
Non mancano d’altronde le novità della politica, le sterzate sul piano internazionale che meritano di essere analizzate ed approfondite. La questione europea è senza dubbio una di queste.
Rapidamente, ma quasi senza far rumore, l’unione Europea è passata dall’essere un’entità ignorata se non osteggiata da ampie fasce di cittadini ad essere il centro decisionale più rilevante ed apprezzato. Lo dico alla luce di tre questioni concrete:
1 – Il piano vaccinale: si è deciso, a ragione, di procedere congiuntamente tra tutti i paesi e di acquistare le dosi necessarie a livello centrale. È vero che la Germania ha cercato anche ulteriori dosi sul mercato in solitaria, ma l’imbarazzo con il quale ha dovuto affrontare la vicenda è il frutto proprio di quel nuovo sentimento comunitario che cerco di descrivere. Non era scontato. Quello che più stupisce, in positivo, è come non si sia levato lo scudo ideologico dei cosiddetti sovranisti. E questo introduce il secondo punto;
2 – L’avanzamento del campo europeista: da inizio pandemia c’è stata una generale inversione di tendenza nella percezione diffusa nei confronti delle istituzioni comunitarie. La dimostrazione plastica di ciò è come sia cambiata la comunicazione delle destre: basti pensare all’atteggiamento di Salvini nei confronti del nascente governo Draghi;
3 – La risposta alla crisi economica: mi sembra che mai come ora tutti quanti ci rendiamo conto di essere cittadini europei, ed è un passo avanti deciso e, spero, irreversibile. Un piano della portata di quello in discussione, la consapevolezza che l’obiettivo sia il rilancio dell’Europa nella sua complessità e non solo dei singoli stati ha fatto sì che anche i più critici riconoscessero la centralità e l’ineluttabilità del progetto continentale.
È questo allora il momento di insistere e a mio avviso la sinistra dovrebbe farsene portavoce anche all’interno della nuova compagine di Governo, è il tempo di investire politicamente nel fare un altro passo verso quel grande sogno che rimane l’Europa dei popoli: democratizzare tutti i processi decisionali europei. Proprio perché in questo momento l’Europa gode di nuovo e rinnovato apprezzamento tra la sua, la nostra gente è il momento di riformare l’Unione: più centralità al parlamento rispetto agli organi esecutivi, un controllo politico della BCE, una posizione unica sulle questioni internazionali, un sistema fiscale e di diritti univoco, una Costituzione europea che escluda in modo netto e deciso quei paesi che continuano ad adottare politiche autoritarie e di estrema destra (basti pensare alla chiusura di KlubRadio da parte di Orban).
Abbiamo un’occasione unica, non possiamo permetterci di lasciarla scappare, lo dobbiamo alla nostra generazione e a quel sogno europeo che merita di essere coltivato fino in fondo.
Luca Rossi
La Sinistra, Politica Estera, Politica Interna,
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