Premessa
Le reazioni e le adesioni suscitate dal libro Elogio della fragilità (Mimesis) sono alla base della stesura di questo Manifesto. Chi ne volesse conoscere i presupposti potrà leggere il libro, da pochi mesi in circolazione. L’idea del Manifesto nasce dalla convinzione che la teoria generale della fragilità e le indicazioni che il libro propone, esposte in forma sintetica e programmatica, possano stimolare una discussione proficua e creare le condizioni per il sorgere di un movimento culturale ambizioso. La fragilità, infatti, si presenta come condizione universale solo apparentemente ostativa, in realtà essa è il presupposto di una contraddizione che genera il movimento di ogni storia, personale e collettiva, a condizione che sia avvertita come una risorsa e non come una condanna. In accordo con il più geniale dei fragili, Giacomo Leopardi, noi vorremmo, nella piena consapevolezza dei nostri limiti, contribuire a promuovere quella “confederazione” di soggettività non rassegnate che si riconoscono nei nostri principi e condividono la nostra prospettiva. Per questo chiediamo l’adesione di tutti coloro che si riconoscono nelle nostre idee e proponiamo di avviare dei veri e propri Stati generali della Fragilità.
Manifesto della fragilità
Viviamo il tempo dell’arroganza e della sfrenata competizione, che moltiplica solitudini e diseguaglianze. Viviamo il tempo del dogmatismo tecno-scientista e dell’idiotismo individualista, che frammenta e destruttura consegnando l’uomo e il pensiero all’inconsistenza e all’irrazionale. Orgogliosi di una posizione controcorrente, vogliamo stilare i punti salienti di un Manifesto che resiste, reagisce e ricostruisce: un Manifesto della fragilità.
La fragilità è di due tipi: individuale e sociale. La fragilità individuale è comune a tutti perché tutti gli uomini sono fragili, come dimostra lo scarto insanabile fra le loro aspettative e la possibilità di soddisfarle. La fragilità sociale riguarda coloro i quali appartengono a classi e a soggettività subalterne, che costituiscono oggi un arcipelago complesso e disperso.
Ma la fragilità si divide ancora in passiva e ribelle. La prima è destinata a nutrirsi di inutili speranze e inerte rassegnazione, fino alla depressione e alla disperazione. La seconda è invece il motore della storia dei singoli e delle masse, che ha informato di sé la scalata al cielo dell’uomo sin dalla sue origini.
È nostra intenzione contribuire a trasformare la fragilità da passiva in ribelle. Crediamo infatti che, come la mancanza fa nascere il desiderio, allo stesso modo, la fragilità genera la forza. A condizione che cessi di essere passiva e rassegnata e diventi re-attiva e ribelle, organizzata e indirizzata verso l’autodeterminazione e la libertà dal bisogno.
L’intreccio tra la fragilità individuale, legata alla caducità ontologica del singolo, e quella sociale, legata allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, crea un unicum non frazionabile che è il fondamento di una possibile alleanza dei fragili. Questo fondamento ha a che vedere con la base materiale dell’uguaglianza. Gli uomini sono uguali non per astratti motivi etici, ideologici o religiosi. Gli uomini sono uguali in quanto fragili di fronte all’esperienza della vita.
L’alleanza di fragili consapevoli, ribelli e organizzati rappresenta una forza temibile per l’attuale potere costituito, solo apparentemente invincibile. Quest’alleanza si configura come una possibile corale intesa che va oltre i confini di classi oggi mutate e da reinterpretare, e ben oltre le tradizionali barriere fra credenti e non credenti.
Rispettiamo quei fragili che trovano conforto in una visione teleologica della vita. Ma non ci possiamo permettere di rinviare all’infinito il compito di trasformare la fragilità arresa in fragilità ribelle. A chi non si ribella diciamo che anche la fede è nemica dell’accidia. E che l’inazione alla lunga si trasforma in complicità.
Tutte le imprese umane più grandi nell’arte, come nella scienza, come nello sviluppo del pensiero e dell’azione nascono dalla fragilità. Quest’ultima può non essere consapevole o può agire in modo carsico, ma sempre esiste e fonda le ragioni del nostro operato.
L’arte per sua stessa natura è il territorio di sperimentazione più esclusivo del rapporto fra sensibilità e creatività. La sensibilità è per definizione affine alla fragilità. L’artista quindi è il prototipo di una soggettività fragile e ribelle che si nutre della propria vulnerabilità.
La consapevolezza di queste ragioni, se condivisa e trasparente, regala ai fragili la straordinaria forza che deriva dalla coscienza di non essere soli. Questa forza si moltiplica se l’enorme schiera dei fragili si unisce. Tale unione esalta il principio secondo cui ciascuno vale non per quello che possiede ma per quello che è. A partire dalla consapevolezza della propria e dell’altrui fragilità.
Oggi il dispotismo dei pochi fonda le ragioni del suo primato sulla dispersione molecolare di una moltitudine di fragili resi passivi e rassegnati. Essi, convinti che una presunta inadeguatezza sia alla base della propria condizione, non colgono la misura e la qualità della propria sottomissione a un sistema che li rende schiavi.
Vogliamo convincere chi non ne è consapevole che la fragilità sociale non è un castigo eterno. È il prodotto della disuguaglianza e dell’ingiustizia sociale. E che la fragilità individuale non è una condanna ma la precondizione di ogni affermazione personale. Non si deve nascondere o mascherare, quindi, a se stessi e agli altri. Al contrario, si deve far leva su di essa per cambiare in meglio il corso del proprio destino. Nella natura stessa della fragilità, infatti, è riposto il segreto del suo superamento.
Estensori e Promotori
Primi firmatari
Riccardo Caporali, ordinario filosofia morale Università di Bologna
Alberto Olivetti, curatore Archivio Pietro Ingrao
Enrico Rossi, presidente Regione Toscana
Alfonso Gianni, economista, giornalista
Fausto Bertinotti, già presidente della camera dei deputati
Alfredo D’Attorre, deputato
Arturo Scotto, deputato
Anna Campitelli, storica dell’arte
Nicola Genga, direttore del Centro Riforma dello Stato
Salvatore Bonadonna, già senatore
Stefano Fassina, deputato
Giovanna Martelli, deputata
Giuseppe Fanfoni, Dir. Centro Italo-Egiziano Restauro e Archeologia
Angelo Lana, presidente Comitato scientifico EDIESSE
Valerio Strinati, storico e scrittore
Francesco Marchianò, ricercatore
Enrica Petrarulo, critica d’arte
Bruno Ceccobelli, artista
Giorgio De Finis, antropologo e direttore del MAAM
Ferdinando Schiavo, neurologo e scrittore
Ennio Calabria, artista
Marica Scuderi, medico
Sara Bonetti, giornalista
Donatella Romani, giornalista
Luca Barreca, critico d’arte
Vittorio Bonanni, giornalista
Andrea Fogli, artista
Anna D’Elia, storica dell’arte
Roberto Amato, web-engineer
Sandro Sanna, artista
Luca Padroni, artista
Maria Rita De Giorgio, artista
Franco Mulas, artista
Georgina Spengler, artista
Silvia Stucky, artista
Valentina Greco, attivista diritti umani
Roberta Maola, artista e psicologa
Lelio Bizzarri, psicoterapeuta
Claudio Palmieri, artista
Giulia Del Papa, artista
Giuseppe Carroccia, capotreno
Oscar Turco, artista
Ettore Consolazione, artista
Valeria Cademartori, artista
Filippo Tantillo, ricercatore
Antonio Giordano, storico e critico d’arte
Mojmir Jezek, artista
Ennio Alfani, artista
Alberto Timossi, artista
Salvatore Anelli, artista
Paolo Assenza, artista
Marina Gramiccia, parassitologa
Carlo Crosato, dottorando di ricerca in filosofia
Giuseppe Allegri, dottore di ricerca e ricercatore indipendente
Adele Lotito, artista
Teresa Pollidori, artista
Alba Savoi, artista
Silvana Leonardi, artista
Antonio Carbone, artista
Stefano Pizzi, artista e docente Accademia di Brera
Riccarda Montenero, artista
Rita Pedonesi, operatrice culturale
Jacopo Benci, artista
Anna Nassisi, critica d’arte
Andrea Romoli Barberini, storico e critico d’arte
Lodovico Gierut, critico d’arte e giornalista
Fiorenzo Zaffina, artista
Danilo Fiorucci, artista
Giovanni Fontana, poeta e performer
Oronzo Liuzzi, artista e poeta
Franco Paletta, artista
Riccardo Ceriani, Imprenditore
di: Vito Nocera,