È del tutto evidente che, per Roma in particolare, le prossime elezioni amministrative saranno di eccezionale importanza. Non solo per le condizioni penose in cui la nostra città è ridotta, che già sarebbe una ragione di gigantesca importanza, ma anche perché l’esito di queste consultazioni condizionerà fortemente il futuro politico del nostro povero paese e non c’è dubbio che quello che succederà nella capitale assumerà uno straordinario valore simbolico. Se questo è vero, invece che stilare uno dei soliti manifesti elettorali, proverò a srotolare il filo di un ragionamento. Diciamo così un discorso pacato, ma serrato nel suo impianto logico, che possa servire a convincere qualche indeciso, o per lo meno a fargli venire qualche salutare dubbio.
Tanto per incominciare, mai come in questa occasione lo spettro dell’astensionismo graverà sulla competizione elettorale. E mai come oggi mi pare si debba riconoscere che l’opzione astensionistica non possa essere né banalizzata, né demonizzata. Dentro questo fenomeno, infatti, non c’è solo indifferenza e ignavia politica, quella che storicamente tiene a casa chi non attribuisce alcun valore alla democrazia rappresentativa. C’è qualcosa di più e di più complesso, che può riassumersi in buona sostanza in due cose. La prima è un rancore per la classe politica in generale che ha un suo indubbio fondamento, su cui non è il caso qui di dilungarsi. La seconda è che per motivi diversi esiste oggi un deficit di rappresentatività che riguarda tutte le forze politiche. E una confusione grande avvolge la questione di chi, e con quali mezzi, debba rappresentare interessi sociali diversificati.
Volete un esempio? Quando mai il principale partito del cosiddetto centro-sinistra ha ritrovato nella Confindustria il suo sponsor più potente e influente? E in uno come Marchionne una specie di guida spirituale? È altrettanto vero, però, che viene percepita come ancora debole, frammentata e ininfluente proprio quella nascente Sinistra politica “vera” che dovrebbe essere in grado di “smascherare” l’attuale governo e proporre una strada utile nella prospettiva della difesa del lavoro e dello stato sociale, della Costituzione e della stessa democrazia. È vero che c’è in campo a Roma, e per fortuna, un’aggregazione unitaria di forze di sinistra che cerca di dare risposta a questa domanda che si chiama “Sinistra per Roma”, alla quale personalmente aderisco e per la quale mi presento alle elezioni comunali del 5 giugno. Ma è altrettanto vero che si tratta di una forza inedita e con pochi mezzi. Non c’è da meravigliarsi che ci sia chi pensi che “non basti” a reggere il confronto (lo scontro) con i poderosi interessi costituiti che hanno quasi ridotto in macerie la nostra città.
E quindi prima di tutto: non si può non portare rispetto a chi non votando intende protestare, con l’unico mezzo che ha a disposizione, contro uno stato di cose che non permette di disporre di strumenti politici adeguati a rappresentare gli interessi dei più deboli o, comunque, di coloro i quali non si riconoscono in una prospettiva iperliberista e mercatista. Mi sia permesso solo di far notare, tuttavia, che le giovani forze come “Sinistra Italiana” che si affacciano all’orizzonte andrebbero conosciute e sostenute con un po’ più di attenzione. Non si può in sostanza solo criticare dall’esterno. Scandalizzarsi dal di fuori “senza esserci mai”. È vero che le buone ragioni della delusione a sinistra abbondano. Ma è altrettanto vero che queste ragioni non giustificano la resa. Perché è proprio su questa resa che si costruiscono le fortune del potere così come oggi si configura, un potere solo apparentemente liberale e in realtà dispotico, come dispotica è la legge del profitto e dell’accumulazione.
Mai, potremmo dire con altre parole, fu più attuale il problema di chi, e di come si debba incaricare di mantenere in vita una prospettiva di Sinistra nella nostra città, nel nostro paese e in Europa. Del resto non si può negare come nel senso comune dominante si sia venuta capillarmente diffondendo l’idea che la Sinistra sia una categoria ormai superata. Un colossale equivoco si è venuto generando, favorito astutamente da chi ha interesse a consolidare la già solidissima vittoria della controrivoluzione neoliberista. Ebbene, io penso che l’idea di uguaglianza che, sin dalla Rivoluzione francese, ha impregnato di sé il senso più profondo del termine “sinistra” sia per così dire senza tempo. La questione della difesa degli interessi collettivi e, segnatamente, dei meno fortunati e dei più fragili è – infatti – sempre esistita e, temo, sempre esisterà. E allora che senso ha affermare che la distinzione sinistra/destra è definitivamente superata? Non c’è tempo di dilungarsi su questo, specie alla viglia delle elezioni. Mi basterà aver enunciato la questione.
Ma poi non si tratta di una questione astratta perché considerare la cultura e l’arte come uno dei massimi beni comuni, beni pubblici, e da questo assunto trarre le linee di indirizzo di una politica che potrà avere un peso decisivo nella città che possiede i più grandi tesori d’arte del mondo non è una questione astratta. Come non è astratto ridiscutere e rinegoziare il debito per avere fondi sufficienti per le politiche sociali. Come non è astratto ritessere la rete degli asili nidi e mettere in sicurezza le scuole, proteggere le fasce più deboli, implementare l’assistenza sociosanitaria, curare i vecchi a casa e non internarli in cronicari mascherati da residenze sanitarie. Ecc. Ecc. Ecc. Questo significa, nel concreto, fare una politica di sinistra e c’è bisogno di una forza di sinistra per farla. A Roma, come nel paese.
Ora mi domando e vi domando, ci si può aspettare questo da un partito il cui leader-premier ritrova nei vertici della Confindustria, in Marchionne e in altre discutibili figure i suoi punti di forza? Per non parlare della questione morale che è trasversale ma che lo stesso Renzi non ha potuto non riconoscere come esistente e cogente anche nel suo partito e che sappiamo che panni ha vestito nella storia recente di Mafia Capitale. Dopo di che il progetto di Renzi si può anche comprendere: lui il Pd se lo vuole mettere alle spalle, facendo nascere il “suo” Partito della nazione. Il punto è che questo partito non sarà, né vuole essere più di sinistra. Efficienza, velocità, dirigismo, innovazione purchessia saranno le sue parole d’ordine, non giustizia, uguaglianza, democrazia sostanziale, sostenibilità.
Insomma, come sempre l’importane è capirsi. Se uno pensa che la sinistra è morta, che i beni comuni, l’ambiente, la scuola, il patrimonio artistico-culturale, la sanità non vadano difesi come beni in sé ma subordinati alle dinamiche del libero mercato, ai diktat delle centrali del potere finanziario, allora la narrazione di Renzi potrà anche farla propria. Altrimenti cerchi lui, a partire da queste Elezioni comunali, adoperando la propria intelligenza critica, nei programmi, prima ancora che nell’appeal televisivo dei vari leader, dove trovano dimora queste istanze. In questo senso il programma della lista per Stefano Fassina sindaco rappresenta un ottimo esempio di come le enunciazioni generali di una sinistra moderna possano trovare il ristoro e l’energia della concretezza. Si tratta di un appello che va lanciato prima di tutto alle élites del popolo del non voto che non si riconoscono in Renzi e che magari provengono da una tradizione progressista e di classe.
C’è poi un altro popolo. Quello dei Cinque Stelle. Che va rispettato pure lui perché la mutazione del centrosinistra, diventato di fatto centrodestra, e l’ininfluenza della sinistra hanno lasciato libero uno spazio enorme che non poteva non essere occupato. Il grande merito di questo movimento è di aver canalizzato la protesta in forme civilmente spendibili. Purtroppo questa legittima aspirazione rischia di rappresentare un ulteriore ostacolo alla presa di coscienza della struggente necessità di riunificare la sinistra e di creare un partito che la rappresenti. Senza considerare, per tornare a Roma, la totale inconsistenza del programma della Raggi. Non parliamo qui, per brevità, del centro-destra anche se un’analisi puntuale delle su interne contraddizioni sarebbe interessante. Come quanto mai interessante sarà osservare la sua ricollocazione in caso di ballottaggio, che potrebbe riservare sorprese non piccole nella prospettiva suaccennata del più che nascente astro del partito della nazione.
Come promesso, ho cercato di non fare propaganda, proponendo un ragionamento magari sommario e insufficiente, ma sincero e rispettoso delle posizioni di tutti. La confusione che regna sotto il cielo è grande ma non sono sicuro – a differenza di Mao Tse-Tung – che favorisca esiti positivi per noi, per le sorti della sinistra, per la nostra vita in comune. Ho provato, per quel poco che so e che posso, ha diradare un po’ di queste nebbie. Magari – chi lo sa – qualcuno riuscirà a trovare la sua strada un poco più facilmente. Se questa strada porterà ad appoggiare Sinistra per Roma, mi farà piacere.
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