Da anni la Sinistra Italiana appare vittima di una sindrome invalidante, un immobilismo attendista, che porta con sé annunci contraddittori, talvolta prudenze eccessive, e quasi sempre il riproporsi della stessa classe dirigente, che all’occorrenza adotta il profilo più conveniente, radicale o moderato che sia.
Sono trascorsi sei mesi da Cosmopolitica, dalla scelta di costruire un partito, senza residui di ambiguità, un luogo nel quale ospitare e rappresentare finalmente quel popolo della sinistra disperso, deluso e scoraggiato, eppure già riemergono, quantomeno nelle riflessioni, evocazioni di formule usurate tanto care ai sostenitori di patti, veti e caminetti, attraverso i quali dissimulare la propria reale consistenza, assicurandosi un perenne diritto di tribuna. Contestualmente, riappare il feticcio insuperabile che anima da sempre le proposte residuali, ovvero l’alternatività al Partito Democratico, da praticare indistintamente. Un imperativo categorico che deve ispirare ogni azione politica, in quanto presupposto irrinunciabile del consenso venturo. Se queste sono le condizioni che avanzano, occorrerà essere chiari, non vi è futuro in una simile impostazione, ce lo dimostra il recente passato. Federazioni, confederazioni, accozzaglie hanno già avuto nomi e impostazioni massimaliste, ma un riscontro inesorabile è mancato nonostante la radicalità, il consenso, e con esso la connessione con la parte più bisognosa del Paese, che pure, per taluni, abbisognerebbe solo di una fiera condotta oppositiva. La realtà ci pare diversa e sfortunatamente più complicata. Non si vedono masse preoccupate della distanza metrica dal Partito della Nazione, ma di come ottenere risposte concrete ad esigenze essenziali, il lavoro, l’assistenza sanitaria, un percorso formativo accessibile, rispetto alle quali l’autoreferenzialità compiaciuta della sinistra radicale è un’offesa.
Si era deciso di costruire un partito vero, privo di quegli spazi limbici utili solo al perdurare di egoismi e confusione. Torniamo a noi dunque e agli obblighi che ci legano ad un’Italia e ad un’Europa in grande sofferenza. Possibile che i pericoli di una deriva violenta e xenofoba, animata dall’aggravarsi delle contraddizioni prodotte dalle politiche economiche imperanti, non ci infondano un sentimento d’urgenza? Per trasformare l’esistente occorre un soggetto con un perimetro chiaro, incompatibile con la riproposizione compulsiva degli schemi inadeguati prodotti in un decennio che ha visto erodersi, sin quasi all’esaurimento, le potenzialità di una sinistra autonoma, inclusiva e di governo. Se le ragioni che ci hanno indotti a risolverci per un soggetto che non avesse forma pattizia, ma piena dignità politica, sussistono ancora, da oggi dovremo imporre maggiore concretezza al nostro percorso. Qualcuno ci ha preso sul serio e ora attende una forza politica alla quale avvicinarsi con la speranza di trovare un luogo che abbia qualche cittadinanza nella realtà, dal quale non fuggire con orrore per l’eccessiva conflittualità tra inutili componenti che si contrappongono a tutto ciò che non possono assimilare, o per la manifesta incapacità di immaginare prospettive non testimoniali.
Rivolgiamo uno sguardo non spocchioso a ciò che esiste al di fuori delle nostre stanze e ne desumeremo due convinzioni. La prima è che o sapremo relazionarci positivamente con quel prevalente umano contraddittorio, sofferente, furioso, ma vessato dalle soluzioni di governo dominanti, nel quale è impossibile non imbattersi, o decreteremo colpevolmente la nostra più assoluta inutilità. La seconda, fondamentale, la necessità di dare anima e corpo ad un progetto ambizioso, che non esaurisca la propria identità per negazione rispetto ai propri avversari più prossimi. È evidente che molto va recuperato sul terreno culturale, valoriale e della capacità egemonica, ma questo e non altro è il compito che ci attende.
Dalla consultazione referendaria, qualunque ne sia l’esito, discenderà un mutamento irreversibile dello scenario attuale. Essa rappresenta potenzialmente una straordinaria occasione per trasformare la politica nei suoi codici, nelle sue sclerotiche procedure escludenti, quanto irriferibili. Sta a noi non eludere quell’appuntamento per distrazioni esternamente incomprensibili e affrontarlo da protagonisti, come espressioni di un partito pienamente riconciliato con il senso delle priorità e il principio dell’efficacia.
La Sinistra, Politica Interna,