Esse - una comunità di Passioni

Sinistra italiana: keep calm e cambiamo passo

Una proposta di buon senso per uscire dalle difficoltà

È inutile nascondersi dietro a un dito. Il processo costituente di Sinistra italiana non decolla e -in questi mesi- non è stato in grado di suscitare nel paese i consensi e le passioni necessarie. Non mi sfugge il contesto drammatico nel quale ci muoviamo, le difficoltà croniche, la disaffezione e l’antipatia nei confronti della politica ormai endemiche nella società e specificamente in quello che un tempo era il popolo della sinistra. Ma fermarsi al contesto non è sufficiente, bisogna entrare nel merito.

Un gruppo dirigente serio dovrebbe interrogarsi sulle ragioni soggettive di questo stallo, con l’obiettivo costruttivo di superarli, perché il processo -su questo non ci possono essere dubbi- è irreversibile.
La prima ragione è la forma ultra pattizia e verticistica del processo. Come si sta dimostrando, non si costruisce un partito nuovo determinando a tutti i livelli patti per quote tra rappresentanti (talvolta improvvisati, talvolta cooptati) dei pezzi e dei pezzettini della sinistra degli ultimi vent’anni.

Un partito nuovo è nuovo: si costruisce cioè dando fiducia e sovranità agli iscritti, ai simpatizzanti, a quelle donne e a quegli uomini fuori dal recinto delle organizzazioni a cui in questi mesi abbiamo provato a parlare, chiedendo loro di irrompere e partecipare, trasformando la sfiducia in protagonismo diretto. E si costruisce osando sul terreno del rinnovamento dei gruppi dirigenti, a tutti i livelli. Nuove biografie, nuovi linguaggi, nuove soggettività: il cambiamento non è più rinviabile perché la credibilità, che oggi manca, non è un concetto astratto, ma si incarna in volti, esperienze, nomi. Esiste solo un modo perché questo possa accadere: accelerare i tempi per fare finalmente un congresso pienamente democratico, in cui a decidere siano in prima persona coloro i quali hanno aderito e coloro i quali aderiranno al processo costituente.

La seconda ragione è la debolezza e la superficialità organizzativa, che la vicenda di Roma dimostra fino in fondo e che penso abbia a che fare con il primo nodo che dobbiamo affrontare: l’organizzazione è politica e la politica ha bisogno di un partito, non di un comitato elettorale o di un movimento digitale. E cos’è un partito se non quel luogo della politica permanente e organizzato che ci ha insegnato Antonio Gramsci? Una cosa seria: radicata, capillare, territoriale, strutturata, organizzata per funzioni e responsabilità. Riflettiamoci sul serio, fuori da caricature.

La terza ragione, e ultima, ha a che fare con il profilo complessivo del progetto, che a oggi non è affatto chiaro. Se lo fosse, non ci sarebbe in campo -come leggiamo in questi giorni- la proposta di sostituire Sinistra italiana con un altro soggetto politico contenente altri piccoli partiti della sinistra radicale e fondato sostanzialmente sulla definitiva incompatibilità a tutti i livelli con il Partito democratico.

Su questo punto bisogna essere estremamente chiari. Sinistra italiana non nasce intorno a una collocazione elettorale. Non nasce per ricostruire il centro-sinistra con Matteo Renzi ma neppure con la piccola ambizione di costruire in tutti i Comuni liste alternative al Pd, magari assemblando i pezzi e i pezzettini della sinistra radicale degli ultimi anni. Nasce per esprimere e praticare una cultura politica forte, una strategia, una visione autonoma che mira a trasformare l’Italia e l’Europa, governando e mettendo in campo a ogni livello il cambiamento necessario. È la sfida di una sinistra utile, popolare, di massa, in grado di interloquire con i corpi intermedi, di farsi perno di un programma di alternativa a tutti i livelli.

Una sinistra che sappia esprimere un giudizio rigoroso sulle politiche del governo Renzi (di destra in campo economico-sociale, neo-autoritarie sul terreno costituzionale) e sulla mutazione genetica che il Pd ha subito. E che -allo stesso tempo- sappia discutere, valutare e verificare nei livelli territoriali la possibilità di proseguire esperienze amministrative di coalizione, non con meno ma con più rigore nella verifica dei contenuti e dei punti inderogabili del programma (servizi pubblici locali, casa, trasporti, servizi sociali, tutela dell’ambiente).

Mi paiono cose di buon senso, che parlano alla stragrande maggioranza della nostra gente. Che vuole, finalmente, quel punto di riferimento che ancora manca, quel progetto che cambierà il segno della vita di milioni di persone.

Simone Oggionni

http://www.reblab.it

Sono nato nel 1984 a Treviglio, un centro operaio e contadino della bassa padana tra Bergamo e Milano. Ho imparato dalla mia famiglia il valore della giustizia e dell’eguaglianza, il senso del rispetto verso ciò che è di tutti. Ho respirato da qui quella tensione etica che mi ha costretto a fare politica. A scuola e all’Università ho imparato la grandezza della Storia e come essa si possa incarnare nella vita dei singoli, delle classi e dei movimenti di massa. A Genova nel luglio 2001 ho capito che la nostra generazione non poteva sottrarsi al compito di riscattare un futuro pignorato e messo in mora. Per questo, dopo aver ricoperto per anni l'incarico di portavoce nazionale dei Giovani Comunisti e avere fatto parte da indipendente della segreteria nazionale di Sel, ho accettato la sfida di Articolo 1 - Movimento democratico e progressista, per costruire un nuovo soggetto politico della Sinistra, convinto che l’organizzazione collettiva sia ancora lo strumento più adeguato per cambiare il mondo.

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