Essere le strade delle nostre città, essere i vicoli, i parchi abbandonati alla noncuranza. Essere le fabbriche chiuse e le file lunghe alle mense per i poveri.
Essere le serrande dei negozi chiusi, coi cartelli vendesi. Essere lontani 5000 chilometri da casa davanti ad un muro o al filo spinato, senza opportunità o facce amiche, e senza sapere cosa fare o dove andare. Essere a casa, magari con una laurea in tasca, ad inviare 5000 curricula a cui nessuno risponderà.
Essere l’ultimo di una fila infinita che non va avanti, essere le periferie disgregate delle nostre città. Essere un appartamento in cui vivono in 10 senza riscaldamento e scarico del bagno. Essere il carcerato che dorme in una stanza di 20 metri quadri con altri 8 come lui. Essere il ragazzino che si fa il carcere per una canna. Essere il ragazzino che s’ammazza, perché per la società è un diverso e non ha diritto a vivere ed essere felice quanto gli altri.
Essere un padre o una madre di famiglia, disperati e disoccupati da 10 anni, costretti a dare i figli in affidamento per l’impossibilità di mantenerli. Essere una ragazza che lavora come un mulo, per 7 euro e 50 l’ora di voucher incassabili in tabaccheria, che versa contributi e una pensione non l’avrà mai. Essere il commerciante o la professionista, taglieggiati e strozzati dalle mille mafie italiane. Essere i campi coltivati per i prodotti Made in Italy, che coprono barili interrati di scarti di produzione tossici non smaltiti. Essere coloro che quei campi li coltivano, lavorando in nero, sfruttati e invisibili.
Essere l’Italia che nessuno ha il coraggio e la forza di essere, perché non muove soldi, non paga campagne elettorali, non sceglie i consiglieri di amministrazione, non gestisce alcun potere.
Essere un punto di vista realmente diverso, per provare a migliorare le cose.
O non essere.
di: Alberto Amariti,
di: Vito Nocera,