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Ei fu … la Libera Circolazione

Una lapide per Shengen

di: Daniela Mastracci,

6 Giugno 2016

Categorie: Europa, Politica Estera

Come pensare un’Europa senza Schengen? Un’Europa senza Libera Circolazione? Noi che possiamo pensare di prendere un treno internazionale e trovarci a Parigi, a Praga, Varsavia…noi che prenotiamo un biglietto aereo e non ci preoccupiamo del Passaporto. Noi che abbiamo la Carta di identità valida per l’espatrio…ovunque nell’Unione Europea…noi che abbiamo documenti, soldi sufficienti, una casa dove tornare. Noi facciamo un viaggio, che si chiama vacanza. Oppure ok, ci sono condizioni economiche precarie, fortemente precarie, per cui il viaggio lo facciamo alla ricerca di un lavoro. Ce ne andiamo a Londra (bisogna vedere fino a quando però?); ce ne andiamo in Germania…e forse ci resteremo, se avremo trovato lavoro. I cittadini europei possono.

Ma a riprova che ogni cosa umana è fugace nel suo mutare perpetuo, anche Schengen rischia di sparire. Un mutamento che sa di fine. Perché, pur dicendo di provarci, i governi europei non stanno trovando “soluzioni” che possano salvaguardarlo. Anzi! I governi europei scelgono i MURI. Oggi accade al Brennero. Ieri è accaduto al confine tra Grecia e Macedonia. Ieri l’altro è accaduto per, con e dentro la Turchia. E allora oggi la Merkel, ricordandosi che Europa vuol dire Unione, vuol dire Libera Circolazione (fra le altre cose) si esprime contro i Muri austriaci. Vagheggia l’apocalisse dell’Europa. (LA Repubblica, 5-06-2016)

Ma, cara Merkel, l’accordo con la Turchia lo hai fatti tu. E, cara Merkel, sei tu che oggi sembri avallare il Migration Compact all’italiana.

E si perché Renzi lo ha redatto e inviato a Bruxelles già da qualche settimana. Lo chiama all’inglese, perché sembra più europeo (?), ma si tratta di un piano di investimenti. Ma mica a fondo perduto! No. E’ un “do ut des”. E chi deve dare il “des” sono i Paesi Africani da cui i flussi migratori partono, e i paesi cosiddetti “di transito”. Allora per capirci, si tratta di contrattare soldi per avere in cambio, da parte dei Paesi Africani “beneficiati”, controlli fermi, opposti alle migliaia di donne, uomini, bambini, che fuggono via. Bisogna dargli un altolà. Bisogna identificarli, bisogna distinguerli fra “rifugiati” e “migranti economici” (Quasi a dire che i primi hanno diritto, ma i secondi…beh! Che ci possiamo fare? Non ci siamo messi mica ad ampliare le motivazioni alla base del diritto di asilo!!!)

Bisogna attivarsi in accordi con i Paesi di transito perché li rimandino nei Paesi di provenienza. Bisogna che i paesi di provenienza non li facciano uscire. Bisogna attivarsi a livello europeo per contribuire alla “raccolta fondi” necessaria per l’operazione, economica, tutta (1,8 miliardi, a cui aggiungere, ultima trovata di Renzi, altri 500 milioni); attivarsi, tutta l’Unione, per il resettlement (o relocation), insomma i programmi di reinsediamento per quote, distribuite fra i Paesi dell’Unione (ma vi pare si parli di esseri umani?)

Dunque il nostro interessante Migration Compact offre garanzie di “tassi al di sotto di quelli attuali”, con cui accedere a piani di finanziamento e investimenti, ai Paesi Africani che, così, costruirebbero una base strutturale, economica tale da fermare il flusso dei migranti. Questi potrebbero restarsene a casa perché troverebbero condizioni economiche accettabili.

Ma non suona grottesco tutto ciò? Quei paesi sarebbero fagocitati ancor di più nel loro già insanabile debito. Come affrontare altri finanziamenti seppur a “tassi inferiori a quelli attuali”?

E come costruire quando, sarà pur vero che la fame li caratterizza, ma è senz’altro vero che le cause dei flussi sono le guerre, sono la distruzione del patrimonio ambientale, sono la sottrazione di risorse che è ormai secolare; sono i tira e molla che i paesi ricchi fanno a danno di quelli poveri per le loro politiche egemoniche; sono le guerre a tavolino per indirizzare i flussi, ma quelli economici. Si capitalizza tutto. Si calcola tutto. E tutto è diventato niente altro che contabilità. La politica è un gioco finanziario. Tutto interpretato in chiave di costi e benefici. Niente è NO PROFIT. Non lo è mai stato e ora va ad aggravare le condizioni di chi è già sotto scacco per profitti sempre indirizzati altrove, ma prodotti là dove materie prime e forza lavoro sono a bassissimo costo. Sfruttati per ricchi lontani anni luce.

Il Migration Compact suona come l’ennesima prova di equilibrismo tra il dire apertamente che in primis vengono i capitali e la loro protezione, e soltanto poi vengono gli esseri umani. Ora, tale dire e non dire, si nasconde dietro Schengen che sembra però essere strumentalmente usato per i veri scopi di politiche che azzerano l’umanità, che negano solidarietà. Si legge così su Il Sole 24 ore del 15 aprile:

“Confindustrie Nord Est, chiusura Brennero è danno enorme. «L’Europa non ha bisogno di nuove barriere, fisiche e mentali». Lo dichiarano con una nota congiunta, Roberto Zuccato, presidente Confindustria Veneto, Giuseppe Bono, presidente Confindustria Friuli Venezia Giulia, e Stefano Pan, presidente Confindustria Trentino Alto Adige. “Siamo molto preoccupati per le ipotesi che si stanno delineando per affrontare la questione del flusso dei migranti verso l’Austria – affermano i presidenti delle confindustrie del Nord Est – In particolare la chiusura del Brennero comporterebbe un danno enorme per la nostra economia, export e turismo”. “I danni – aggiungono – toccherebbero soprattutto quelle imprese del Nord Est e italiane che lavorano con consegne giornaliere ‘just in time’ verso i Paesi del nord Europa e che a causa di ritardi di consegna rischierebbero di pagare penali e perdere le commesse”. “La chiusura del Brennero prefigura uno scenario fortemente penalizzante per le nostre esportazioni, così come per il flusso turistico verso le nostre regioni, che potrebbe compromettere una ripresa già di per sé timida”, concludono Zuccato, Bono e Pan”.

Difficile sostenere che, con tale ordine di ragionamento, si tuteli Schengen, piuttosto che gli interessi economici.

Ma ancor peggio, mi pare, le politiche europee negano anche a se stesse che le soluzioni devono essere pensate per il lungo periodo e non solo per l’immediata emergenza. Perché di emergenza non si tratta più. Il mondo è rotondo e i confini non esistono…

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