Evidentemente il tema della fragilità coinvolge molte persone, in fondo tutte, perché nessuna può fare a meno di confrontarsi con essa. Forse per questa ragione l’inaugurazione della mostra “Dimensione fragile”, realizzata da Roberto Gramiccia, che si è tenuta il 20 gennaio (aperta fino al 24 febbraio) presso la Biblioteca Vallicelliana a Roma, ha riscontrato un grande successo di pubblico (oltre seicento persone si sono messe in fila per visitarla). La fragilità è senza tema di smentita la caratteristica che accomuna tutti gli umani, senza distinzione alcuna. Chi tra di noi può considerarsi non fragile? Nessuno. Né il più ricco tra gli uomini o tra le donne, né chi ha raggiunto un ottomila metri senza ossigeno o sfidato i nazifascisti durante la Seconda guerra mondiale. Queste persone che abbiamo citato l’hanno sfidata la fragilità e dunque la morte, come colui che non si arrende di fronte ad una malattia apparentemente incurabile.
Naturalmente chi vive ai margini di questo mondo, che non avrei timore a definire cinico, dove i più poveri vivono in balia di una condizione di rinnovata schiavitù del XXI secolo, è fragile per eccellenza ma proprio da questa sua disperata condizione può scaturire qualcosa di grandioso, come successe nell’800 e nel ‘900 quando chi non aveva nulla da perdere fuorché le proprie catene ha rivoluzionato il mondo. Questa tematica, così centrale nella storia dell’umanità, è il tema portante appunto del libro di Roberto Gramiccia, “Elogio della fragilità” (Mimesis, pp 128, euro 12,00), giunto alla sua seconda edizione, dalla pubblicazione del quale sono scaturite due brillanti iniziative: un “Manifesto della fragilità”, firmato da politici, artisti, scrittori, che hanno voluto così manifestare la loro adesione e sensibilità nei riguardi del dramma della condizione umana per eccellenza; e poi la citata mostra dove viene presentato il manifesto e le 200 opere fragili esposte da altrettanti artisti che verranno donate alla Biblioteca Vallicelliana per la creazione di una collezione che verrà incrementata nei successivi appuntamenti annuali in biblioteca.
Tra i relatori, oltre allo stesso Gramiccia, ci sono stati Paola Paesano, direttrice della Biblioteca, Alberto Dambruoso, storico dell’arte, e Giorgio De Finis, nuovo direttore del Macro. Perché questi artisti in una mostra sulla fragilità? “Perché in qualche modo, in determinati periodi, per attitudine poetica, metodo o linguaggio, hanno creato le loro opere nel segno della fragilità” si legge nella presentazione della mostra. I lavori presenti sono di piccolo formato 14×20, “piccole carte tenute insieme da un comune sentire e che nella loro lettura unitaria e complessiva possono restituire il senso del movimento”. Insomma, l’idea della fragilità, malgrado la sua apparente negatività, sembra essere tutt’altro. Libri, mostre, dibattiti, ricerche sono i bei frutti nati da un albero apparentemente in decadenza e invece pieno ancora di vitalità.
di: antonio mazzuca,