Se chiedete ad un qualsiasi “informatico” o “lavoratore del web” se preferisca rimanere senza corrente elettrica per un mese o che lo Stato faccia una qualsiasi legge per regolare il suo settore o, peggio, aumentare i suoi diritti quasi sicuramente vi porterebbe lui stesso di fronte al quadro elettrico del suo ufficio pregandovi di spegnerlo.
Non esiste infatti incubo peggiore che l’ingerenza di uno Stato indietro di decine e decine di anni rispetto all’evoluzione tecnologica.
Mentre in altri stati si discute della neutralità della rete, di lavoro a distanza e diritto al libero accesso alla rete internet, sui giornali italiani ieri usciva la seguente dichiarazione del Presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia: “Non è pensabile che l’azienda dentenga una fetta così ingente della consegna pacchi. I Comuni scelgano a chi far gestire il servizio. I dati sono a rischio, serve un cloud di Stato”.
L’affermazione ha naturalmente fatto saltare sulla sedia il sottoscritto e non pochi di coloro che, come lui, lavorano sul e con il web.
Non solo per la serie di strafalcioni che l’On. Boccia infila in poche frasi, che per altro aumentano se si legge tutto l’articolo, ma perché ogni volta che lo Stato italiano si è interessato al web e alle nuove tecnologie l’unico risultato è stato il complicare la vita a chi con il web ci lavora e l’aumento delle ore di straordinario, non pagato, dei tanti lavoratori dipendenti.
Per esempio la Legge Stanca del Governo Berlusconi II di fatto non faceva altro che raccogliere una serie di norme che o erano assolutamente inapplicabili oppure erano già superate dalle norme internazionali di usabilità di cui il web si era già dotato in maniera totalmente autonoma e molto più sensata.
Poi è arrivata un’altra legge che nel 2015 recepì (male) una legge europea (già scritta male) che obbligava ogni sito a dotarsi di una di quelle fastidiose “barre per l’accettazione dei cookies” che tutelano poco gli utenti e anzi complicano l’usabilità dei siti web.
Si è infine giunti a tante piccole norme per colpa delle quali per realizzare il sito web di un farmaco, per esempio, occorre inviare via FAX le singole pagine ad un ente statale per l’approvazione.
Boccia ha insomma fatto sobbalzare diverse persone che, conoscendo più di lui il web, si sono poste un po’ di domande:
Forse quello che dovrebbe fare l’On. Boccia e con lui la maggior parte della politica è chiedere a chi con il web lavora cosa occorre realmente.
Probabilmente risponderebbero che il riconoscimento delle singole professioni, dei contratti nazionali che paghino effettivamente le competenze e una sorta di albo che impedisca ai “dilettanti” di spacciarsi per esperti, sarebbero già delle buone basi per dargli finalmente le tutele minime di cui hanno bisogno.
Lasciando che a parlare di cloud e di digitale siano quelli che effettivamente capiscono di cosa si stia parlando.
Nato geek e Infoumano per vocazione, sono fermamente convinto che le cose diano il meglio di sé quando mescolate tra loro. Appassionato in egual misura d'informatica, storia, letteratura e politica. Attualmente lavoro come Project Manager per una nota agenzia pubblicitaria milanese.
di: Simone Oggionni,