Accesi il motore come mi avevano ordinato.
Davanti a me si allungava piccola stretta e disordinata una baraccopoli immersa nella nebbia e nel sonno.
Erano le cinque del mattino ed ero indeciso se fare il lavoro. Se rifiutavo rischiavo il posto.
Il mio contratto stava per scadere e il mio permesso di soggiorno anche.
I’incarico di quella mattina era necessario per me.
Guardai l’uomo ben vestito in piedi sullo sterrato a cinque metri dal mio mezzo.
In quel momento si girò e ci guardammo negli occhi per un istante.
Mi sentii trascinato verso lui attratto dal bisogno che avevo di capire.
Fu come immergermi in un’audiovisione delle immagini e delle parole che vedo e che sento di solito in tv.
Da uno schermo interiore vidi e ascoltai la storia che quell’uomo raccontava intervistato ad un microfono:
“Cosa pensa dei gravi fatti accaduti sabato notte?”
“Guardi le risponderò raccontando di quello che ho visto stamattina entrando in stazione per venire qui.
Di solito prendo l’aereo e quindi non entravo in stazione da un po’. Camminando verso il binario del mio treno sono stato infastidito e ostacolato da una serie di individui mendicanti tanto che ho pensato che quando l’edificio fu realizzato i costruttori avrebbero interrotto l’ opera se a quel tempo avessero immaginato che in futuro figure come quelle che io ho incontrato ne avrebbero imbruttito gli spazi.
Soggetti liberi di sbarrare col corpo atteggiato in finte pose con ipocrite parole di scuse falsi sorrisi insincere lacrime il passo del cittadino che con diritto e per dovere si sta recando al lavoro. Questo avviene perché tanti governi di complici e incapaci non hanno voluto liberarci dalla presenza di tutti questi migranti rimandandoli a casa loro sempre che ne abbiano una questi vagabondi.
Almeno quasi una a testa come noi padroni di casa all’ottanta per cento che con lavoro e sacrificio abbiamo comprato e che ora siamo costretti a difendere disarmati dall’ assalto di orde di ladri amici degli stessi individui che in stazione ci frenano e al governo ci sfruttavano con imposte esorbitanti.
Tasse che ora sono impiegate per difenderci da questa invasione e vengono spese per attrezzare ed armare cannoniere e soldati a guardia dei mari e dei confini.
I soldi adesso sono usati per organizzare i rimpatri e riportarli là da dove vengono gli accattoni e i ladri perché ci restino ed è quello che noi stiamo iniziando a fare.
Prima i contributi venivano spesi male per allestire i centri di accoglienza i campi profughi e i campi di ogni tipo dove crescono i terroristi e ingrassano i nomadi e che ora noi finalmente spazziamo via iniziando già domani quando alle cinque saremo in azione nel quartiere dei fatti da lei citati dove io sarò presente per accertarmi che tutto fili liscio. Poi penseremo anche alle stazioni.”
“Grazie Sottosegretario, la linea torna allo studio per la pubblicità”.
Di solito durante la pubblicità vado in bagno e ci andai anche quella volta.
Sceso dal mezzo entrai nel w.c. mobile che altri operai avevano appena posizionato nel cantiere e mentre ero lì ricordai un’altra scena vera e molto breve: mia moglie e i miei figli lontani in una casa povera che non è nostra che ho dovuto lasciare per cercare un lavoro in Europa e mandare i soldi a loro perché non avevamo quasi niente da mangiare.
Pensai che con questo signore e i suoi colleghi al governo prima o poi in quella misera casa lontana ci sarei dovuto tornare lo stesso scacciato con forza da qui anche se non avessi perso il mio lavoro e il permesso di soggiorno.
Uscito dal bagno non ritornai al mio posto. Presi invece l’autobus lì vicino.
Tornavo in ufficio a dire che io quel lavoro non lo facevo.
La mia ruspa poteva aspettare.
La dignità mia e delle persone nelle baracche no.
Per fortuna c’è la pubblicità che interrompe i talk show.
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