Un nuovo partito di sinistra deve avere la sensibilità necessaria a comprendere e difendere le esigenze dei più deboli.
Ora in questo periodo l’attacco alla sanità della spending review sta tormentando soprattutto i disabili mentali, utenti dei centri di salute mentale che vengono depauperati, depotenziati e definanziati, il loro personale spostato in altra sede: tutte cose che hanno un impatto fortemente negativo sulle consolidate abitudini dei pazienti, che in queste consuetudini trovano sicurezza e fiducia.
La malattia mentale si cura non solo coi farmaci e l’assistenza psicoterapica, ma soprattutto con la socializzazione, la relazione con l’altro, la gruppalizzazione, la territorialità che agevola gli spostamenti autonomi, il lavoro tarato sulle esigenze e le risorse personali del disabile . Questa convinzione non è solo il frutto dell’insegnamento di Franco Basaglia e della legge 180: è un dato confermato da mille buone pratiche diffuse sul territorio italiano, dai risultati raggiunti e dai percorsi individuati, che sono frequentemente produttivi di esistenze dignitose, di recuperi insperati, famiglie rasserenate. Ne ha parlato il film di Giulio Manfredonia “Si può fare” con Claudio Bisio nella parte del protagonista “sano”; ne ha parlato il numero 39 di Panorama nel settembre 2015, rendicontando l’esperienza delle case di Perugia, dove i disabili mentali convivono con studenti squattrinati, che in cambio di una stanza a poco prezzo offrono l’appoggio dell’amicizia e della comprensione ai loro coinquilini più fragili.
E’ per questo che penso sia doveroso, per qualcuno dei componenti del Comitato provvisorio di Sinistra Italiana, partito in fieri che vogliamo aperto, coinvolgente e capace di dare sollievo alle sofferenze diffuse, di partecipare alla conferenza sulla salute mentale che si terrà il 14 maggio p.v. presso l’aula magna della Facoltà Valdese di Teologia , via Pietro Cossa 40, Roma , (piazza Cavour) , tra le 9,30 e le 13,30/14.
Lo scopo della conferenza è di lanciare su tutta l’Italia la campagna affinchè la cura delle persone con disagio mentale sia centrata sulla persona e non sul protocollo; per tener conto del vissuto e delle personali capacità annidate anche dietro il disagio dei disabili, non solo della diagnosi che cataloga e isola.
di: Luigi Nappi,