Esse - una comunità di Passioni

L’ape di Pindaro

L'Umanista n. 5

“Ciao, scusa, per la tesina sto facendo interviste ai compagni di scuola sul rapporto fra narrazione e realtà. Tu leggi romanzi e fumetti?”
“Non molto, leggo vecchi numeri di un fumetto che andava forte un po’ di anni fa.”
“Lo leggi perché ti stimola la fantasia?”
“Direi che lo leggo perché ci vedo dentro le stesse cose reali che vedo ogni giorno”
“Non hai detto che è un vecchio fumetto?”
“Si, ma lo trovo attualissimo e poi lo fanno ancora”

“Cosa intendi con attualissimo?”
“Il fatto è che ho iniziato a leggerlo per caso. Prima i fumetti mi annoiavano.
Un giorno, in casa di mio cugino, un paio di anni fa, c’era un libretto appoggiato lì, sulla scrivania nella sua camera. Mi attiravano i capelli del vecchio che stava nel disegno sulla copertina.
chiesi a mio cugino di cinque anni più grande di me, che ai tempi vedevo spesso per ascoltare la musica che sentiva lui.”
È un fumetto fortissimo-mi ha risposto- sono dei poveracci che fanno indagini e quel vecchio lì sulla copertina è il loro capo. Lo leggeva mio padre da ragazzo. Ha tutta la collezione del primo decennio, dal ’69 al ’79. Il primo numero ha quasi cinquant’anni.
L’ho raccolto e ho iniziato a girare le pagine. Mi piacevano i disegni a china in bianco e nero fatti come le caricature.
Si capiva che era diverso dai soliti fumetti che vedevo in giro.
Bastava guardarle quelle pagine, per accorgersi che c’era un’aria da perdenti che a me piaceva.
Me lo sono fatto prestare e a casa ho iniziato a leggerlo.
Da quel giorno sono diventato un lettore delle storie del Gruppo T.N.T..
Mio cugino mi presta i volumi uno alla volta.
Il Conte Oliver, con la sua eleganza da inglese, i suoi vestiti rattoppati e le sue abilità di ladruncolo nel trovare tutto quello che serve al Gruppo e alle sue tasche vuote, è diventato subito il mio personaggio preferito.
Bob Rock, uno degli investigatori, con quel nasone, è la mia mascotte. Il pappagallo Clodoveo mi fa ridere e gli rubo le battute.
Alan Ford, il personaggio, perché il fumetto ha come titolo lo stesso nome, non mi piace molto: è troppo timido, troppo regolare, troppo buono, troppo perdente senza reagire.
Geremia e La Cariatide sono due straccioni furbi come certi proletari intelligenti e lazzaroni.
Grunf esegue gli ordini senza fiatare al servizio del capo.
Il Capo, il Numero Uno, è il vero boss che tutti vogliamo vedere come il capo o il prof di quelli che ci stanno antipatici. È un taccagno, cinico, severo, ingiusto, opportunista: solo il pappagallo Clodoveo, che lui ha ereditato da suo nonno, sa come farsi rispettare e lo sfotte.
Le storie che si leggono fanno vedere una realtà di borghesi arraffoni-approfittatori-edonisti-senza vergogna.
E anche di proletari indifferenti, sempre pronti a fregarsi le briciole fra di loro, senza farsi tanti problemi.
Tutto questo, in un città a metà fra New York e Milano, dove si vedono provocanti bellezze, sbirri corrotti, militari pazzi, criminali della domenica, complotti di ogni tipo. Tutti i personaggi si assomigliano per i modi di fare ridicoli, le falsità evidenti e il modo di parlare alla milanese che fa veramente ridere.
Tutti perdenti e quasi senza storia personale né futuro, tranne i ricchi.
E tranne il Numero Uno, tanto spaccone che di storia e di storie ne ha da vendere, in compagnia dei grandi nomi di una volta da Omero a Napoleone. Presente in ogni scena del passato che conta, dalla Creazione del mondo all’atomica del ’45.
Con il suo bullismo mi ricorda il sonetto fighissimo del Belli che mi ha fatto leggere un mio compagno di classe. È l’unica poesia che conosco a memoria:

C’era una volta un Re cche dar palazzo
mannò ffora a li popoli st’editto:
– Io so’ io, e vvoi nun zete un cazzo,
sori vassalli bbuggiaroni, e zzitto.

Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pozzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo:
Io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l’affitto.

Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore,
quello nun po’ avé mmai vosce in capitolo -.

Co st’editto annò er boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e, arisposero tutti: È vvero, è vvero.

Finché a un certo punto nel fumetto compare il protettore dei vincenti, il Robin Hood alla rovescia che ruba ai poveri per restituire ai ricchi: Superciuk, l’eroe dei forti, sposato a Beppa Giosef, beniamino di personaggi indifferenti che amano farsi quattro risate sulle sfighe di un mondo avvolto dalla fiatata alcolica.
Non ti sembra anche la realtà di oggi?
Io la conosco solo così. Precisa”.

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