Il candidato del centro-destra alla Presidenza della più popolosa, grande e ricca Regione italiana, la Lombardia, dice che siamo di fronte a un bivio: o continuare così, oppure “ribellarsi, reagire”, iniziare a “difendere la nostra razza bianca” perché le nostre società sono a rischio. “Razza bianca”: ha detto proprio così. Ora: vorrei che ci intendessimo sul ruolo della sinistra nella società contemporanea. Perché se non siamo d’accordo è davvero inutile andare avanti. Da una parte questo ruolo è quello di ricostruire un’alternativa democratica alle politiche di austerità, quelle che comprimono i diritti dei lavoratori e ingrossano i conti in banca degli speculatori. E che fanno crescere nella società – anche quando i suoi interpreti si dicono di centro-sinistra – paure, frustrazioni, persino razzismi e insofferenze sociali. Ma dall’altra parte il nostro compito è ristabilire un ordine nel discorso pubblico, tornando a dire che il fascismo, il razzismo, il nazionalismo, il principio della gerarchia tra etnie sono il nostro primo nemico, il nostro più grande avversario. Poi confrontiamoci sul piano tattico sulle conseguenze per le nostre scelte di queste valutazioni, ma non commettiamo l’errore di sottovalutare l’infamia del pericolo che bussa alle nostre porte. Magari per l’ansia di proseguire una polemica social contro questo o quel candidato del Partito democratico. Il razzismo di Fontana, infatti, non fa paura solo perché potrebbe essere tra poche settimane al governo della più popolosa, grande e ricca Regione italiana. Ma anche perché coincide con il sentimento profondo di tanti nostri concittadini. Con quel sentimento dobbiamo fare i conti fino in fondo, battendolo come si batte una malattia che rischia di infettare un corpo sano. Questo compito è parte della nostra missione civile.
Sono nato nel 1984 a Treviglio, un centro operaio e contadino della bassa padana tra Bergamo e Milano. Ho imparato dalla mia famiglia il valore della giustizia e dell’eguaglianza, il senso del rispetto verso ciò che è di tutti. Ho respirato da qui quella tensione etica che mi ha costretto a fare politica. A scuola e all’Università ho imparato la grandezza della Storia e come essa si possa incarnare nella vita dei singoli, delle classi e dei movimenti di massa. A Genova nel luglio 2001 ho capito che la nostra generazione non poteva sottrarsi al compito di riscattare un futuro pignorato e messo in mora. Per questo, dopo aver ricoperto per anni l'incarico di portavoce nazionale dei Giovani Comunisti e avere fatto parte da indipendente della segreteria nazionale di Sel, ho accettato la sfida di Articolo 1 - Movimento democratico e progressista, per costruire un nuovo soggetto politico della Sinistra, convinto che l’organizzazione collettiva sia ancora lo strumento più adeguato per cambiare il mondo.
La Sinistra, Politica Interna,
di: Luigi Nappi,