Ogni frocia è libera di amare /se per questo pure di scopar
ma se è povera e disoccupata / la ricattano pur mamma e papà
e se invece fa mille lavori non le resta il tempo per scheccar
lesbiche, froce, trans e femministe /vogliono welfare e reddito singolar
e sovrane sopra i nostri corpi/ vittoriose alfin libere siam.
(Corale Atlantidea, sulle note del canto partigiano Fischia il vento, urla la bufera)
Sono Alessia, ho 31 anni, e sono una ragazza lesbica italiana. Non sono un’attivista.
Venerdì il senato ha approvato un disegno di legge sulle unioni civili. Questa legge l’attendevamo da decenni.
Una legge che ci tutela ? Io userei piuttosto il termine legge discriminatoria. Essa “concede”, come avrebbe forse fatto un sovrano medievale, alle nostre vite, ai nostri corpi e alle nostre aspettative solo briciole di diritti, dopo anni di lotte e di rivolte che il movimento LGBT porta avanti con forza e caparbietà.
Da quando il maxiemendamento è stato approvato la nostra comunità si è divisa in due: alcuni si sono sentiti entusiasti e finalmente tutelati, altri, come me, si sentono ancora più indignate e offese.
Perchè ? Perchè noi abbiamo chiesto tutto: parità di diritti e doveri, un matrimonio egualitario e non di classe…. e non da meno rispetto al mio amico, a mio cugino, al mio collega etero.
Io non voglio unirmi, voglio sposarmi; non voglio tradire ed essere tradita. Voglio amare ed essere amata e rispettata. Voglio tutto, non mi accontento della metà, perchè sul mio corpo decido io.
Con questo spirito sabato scorso ho partecipato alla trans frocial dyke mass , organizzata dalla Favolosa Coalizione, dalle associazioni LGBT e dalla rete delle transfemministe e queer della città, per contestare la mediazione al ribasso che ha caratterizzato la discussione sul ddl Cirinnà.
Ho preso la mia graziellina cigolante, mi sono armata di k-way e ombrello colorato e mi sono unita alla pedalata, con le compagne ed i compagni di Atlantide, alcune amiche ed amici del Cassero e la gente come me che non fa parte di nulla, ma vive, lotta, ama e soffre ogni giorno.
Che fa di tutto per evitare le discriminazioni e vive bene, pur sapendo di non essere considerata eguale agli eterosessuali.
Siamo partiti da Atlantide, a porta santo Stefano, un ex centro sociale LGBTQ punk, che è stato (e continua ad essere dopo lo sgombero) un simbolo delle lotte di tutt* a Bologna.
I nostri animi erano caldi, anche se fuori faceva freddo e pioveva.
Le nostre voci in coro si univano per gridare tutta la nostra rabbia: passando da via Farini verso Piazza Maggiore, la frase che abbiamo cantato e urlato di più è stata: “Frocie si ma non con il PD”.
E sì perchè il Pd fa leggi a cazzo!! Fa leggi “ripiegate”, ma noi non siamo un ripiego, siamo corpi, e poi, scusate, io le tasse le pago come gli etero perchè dovrei avere leggi da emarginata?
La pioggia incessante cadeva su di noi, ma abbiamo continuato a pedalare inzuppandoci di pioggia, sino a porta Saragozza, che abbiamo presidiato sino alle 18.
Porta Saragozza è un luogo emblematico della città di Bologna. perchè qui è nata la prima sede del circolo ARCIGAY d’Italia nel 1982. Oggi è sede del museo della beata vergine. Se fossi cristiana direi che è ora di farci la grazia.
Abbiamo pedalato e cantato, cantato il nostro dissenso e la nostra voglia di esistere, resistere e insistere.
Non ci accontentiamo: vogliamo tutto perchè abbiamo aspettato abbastanza!
Artista freelance e lesbica bolognese
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