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Un Maestro per la Storia

di:

21 Giugno 2021

Categorie: Storia

Più che recensire Un maestro per la storia (FrancoAngeli, 2021) e valorizzare il lavoro di curatela di Angelo d’Orsi e Francesca Chiarotto, sento il bisogno di omaggiare la memoria di Gian Mario Bravo, morto nell’aprile dello scorso anno.
Da questo punto di vista il volume è un ottimo strumento. Nato all’interno della comunità scientifica della rivista “Historia Magistra”, si configura come un contributo utile a quanti vogliano conoscere meglio, o rileggere, uno tra i più importanti studiosi europei del marxismo, del socialismo e del comunismo.

Il libro contiene, come precisa il sottotitolo, sia i testi di Bravo pubblicati dalla rivista nell’arco di dieci anni (2010-2020), sia alcuni contributi scritti da colleghi e allievi, da Stefano Petrucciani ad Aldo Agosti, da Paolo Favilli ad Alexander Höbel.
I testi di Bravo – saggi, interventi, recensioni e schede – sono senz’altro la parte più importante del libro, perché testimoniano ampiamente il valore scientifico della sua ricerca, sempre rigorosa, rafforzato da una passione militante altrettanto puntuale, esplicita e sincera.

Storico delle dottrine politiche, allievo di due grandi maestri come Alessandro Passerin d’Entrèves e Luigi Firpo, torinese in tutto e in primo luogo nella serietà e nella sobrietà, per vent’anni preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Torino, Bravo va ricordato per il suo grande contributo intellettuale e per infinite ragioni. Ne scelgo due.

La prima è la sua straordinaria capacità – integralmente marxiana – di tenere insieme lo studio della teoria e lo studio dell’applicazione concreta della teoria nei movimenti e nei sommovimenti della storia. Non c’è storia delle dottrine pubbliche (storia delle idee, si direbbe al di fuori dell’accademia) senza il protagonismo delle classi che le muovono e le orientano. E non c’è storia migliore di quella moderna e contemporanea per verificare la forza d’urto di una classe, quella operaia, e di un soggetto, quello subalterno, che tentano di plasmare con le proprie idee la realtà. In questa stringente necessità storica Bravo si innamora del socialismo, del comunismo, più tardi dell’anarchismo, della storia del movimento operaio e delle sue idee come rappresentazione di una storia in atto, in grado di incidere e corroborare i processi di cambiamento. In sintesi: Bravo crede alla connessione intima tra teoria e pratica dei movimenti e vi si dedica integralmente.

E lo fa – questo è il secondo elemento che voglio ricordare – mantenendo uno sguardo interno e aderente a questa connessione. Perché Bravo non è stato soltanto un docente, un intellettuale, un pensatore, ma anche un militante della sinistra italiana, prima nel Psi e poi nel Psiup. Un militante in grado di studiare il movimento operaio e di viverlo, mettendosi al suo servizio, come dimostrano in maniera quasi iconica i corsi di formazione sulla storia dell’industria per gli operai organizzati nei primi anni Settanta con la V Lega Mirafiori ai cambi di turno, tra le dieci di sera e le due del mattino.

In questa compresenza di rigore filologico e passione politica (basti leggere i suoi saggi più recenti, che indagano le pieghe della cronaca politica italiana, da Berlusconi a Renzi) c’è un insegnamento straordinario.
Che chiama in causa e comprende – mi sia consentito dirlo – persino il marxismo, inteso come metodo scientifico e al contempo tensione etica e civile al cambiamento.

Rileggere Bravo ci fa sentire ancora più piccoli e ci indica alcune coordinate, alcune tracce e uno stile di ricerca e impegno. Abbiamo molto da imparare.

Simone Oggionni

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