Quando si parla della situazione dei giovani lavoratori in Europa si dicono sempre frasi di circostanza, si voltano le spalle e si ignora il problema, o per lo meno non lo si affronta come si dovrebbe.
Siamo Millenials ed ultra qualificati, ma allo stesso tempo non abbiamo l’esperienza necessaria. Siamo quelli che fuggono all’estero nella disperata ricerca di fortuna, ma allo stesso tempo siamo visti come ignoranti. Parliamo quattro lingue ma mai quella giusta. Siamo i figli della prosperità eppure viviamo nella povertà. Siamo le prime generazioni laureate in famiglia ma guadagniamo meno del nonno. Quei pochi euro che paghiamo di contribuiti probabilmente non si tradurranno mai in pensioni.
Siamo la generazione che vive di pane e promesse.
È giunto il momento di denunciare le ingiustizie che subiamo durante i nostri tirocini non retribuiti, durante il nostro lavoro in nero, durante i corsi di formazione senza sbocchi, durante la nostra alternanza scuola-lavoro.
Potrei scrivere un articolo fatto solo di lunghi elenchi che non avrebbe mai fine, citando ogni città d’Europa.
Invece inizierò con la prima denuncia, la mia e quella di tante persone che hanno vissuto nella Euro Bubble a Bruxelles, tra Parlamento Europeo e Commissione Europea – e tutto ciò che vi ruota intorno.
Grazie ad una decisione di Martin Schulz all’interno del gruppo parlamentare, il mio tirocinio (Francis Valls) è stato ben retribuito ed ho fatto una delle esperienze più formative della mia vita, lavorando nella segreteria dei funzionari S&D.
La stessa sorte non è però toccata a L.,che ha dovuto lavorare gratuitamente e full-time per la rappresentanza della Svezia. A seguire M., tirocinante non retribuita per l’EEAS (European External Action Service), che ha passato 10 mesi lavorando all’estero sulle spalle dei propri genitori.
D., specializzato con master, riservava cene in ristoranti lussuosi e prenotava voli per un eurodeputato. J. faceva da interprete per la sua eurodeputata durante gli shadow meeting, anche se non era sua competenza. Il datore di lavoro di M. iniziava gradualmente a chiedergli di lavorare nei fine settimana, di scrivere documenti di circa 50 pagine per il giorno seguente e di saltare i pasti pur di terminare i propri compiti, il tutto per 500€ al mese.
Tornando alla mia storia, terminato il contratto in Parlamento Europeo avevo iniziato a cercare un altro lavoro a Bruxelles, venduta come la città delle opportunità europee.
Falso. Bruxelles è la città dello sfruttamento europeo.
Considerando che i miei genitori non possono mantenermi all’estero: ho rifiutato due tirocini non retribuiti per due eurodeputati; non sono stata accettata al fianco di un’eurodeputata perché non parlo svedese; non avevo abbastanza lettere di raccomandazione per fare da consulente politico per un think thank; ho fatto colloqui di ore per poi essere rigettata con un’e-mail dopo mesi; ho fatto un paio di colloqui su Skype in cui mi venivano poste domande trabocchetto per 500€ al mese; ho rifiutato tirocini non remunerati da Médecins Sans Frontières, Amnesty International e Save the Children.
Dopotutto il mondo del lavoro è competitivo, di cosa ci lamentiamo?
Lancio un appello a tutti i giovani lavoratori e studenti d’Europa dicendovi: ribellatevi. Smettete di accettare certe condizioni e di chiudere un occhio quando pretendono da voi l’impossibile per pochi euro al mese, se non zero. La dialettica servo-padrone di Hegel è più attuale che mai, tenetela a mente e lottate.
di: Giada Pistilli,
di: Giada Pistilli,
di: Giada Pistilli,