È vero, siamo in una fase politica del tutto nuova, inimmaginabile fino a Luglio, e dall’esito imprevedibile.
È nostra convinzione che dar vita al recente Governo con un’alleanza ibrida e squisitamente aritmetica non fosse la soluzione, ma una risposta al solito emergenziale.
Naturalmente ci auguriamo che l’esecutivo approfitti del breve o lungo tempo conquistato per proporre misure espansive ed equitative che sottraggano il Paese alle seduzioni destrorse.
Tuttavia la realtà non potrà essere indefinitamente allontanata: essa irrompe quotidianamente nelle nostre esistenze e ci parla di un disagio sempre più diffuso, di una profonda disaffezione verso la politica e della convinzione radicata che la crisi, avviata da Salvini, sia stata risolta strumentalmente, ovvero in assenza di una effettiva condivisione programmatica.
Come ci ricorda Nicola Fratoianni nell’intervista di qualche giorno fa, la dimensione del Governo non è l’unica e tuttavia, sin qui ci pare sia stata vissuta come tale, unitamente, più in generale, a quella istituzionale. Abbiamo la sensazione che l’accordo periclitante, seguito agli eventi del Papeete, abbia rianimato e restituito protagonismo a soggetti che, diversamente, avrebbero dovuto avviarsi al proprio superamento.
Malauguratamente ciò è accaduto del tutto indipendentemente dal grado di credibilità e gradimento suscitati negli elettori. È questa distanza tra percezione di un ceto politico, abituato ad operare in contesti spesso respingenti o scarsamente frequentati, e consenso, a preoccuparci enormemente.
In altre parole occorre rifuggire da contingenze e urgenze temporali, per ritrovare pensieri lunghi e prospettive.
I populismi più eversivi degli ultimi anni sono ben radicati, si nutrono del continuo differimento delle consultazioni, di patti che risuonano opportunistici, di scelte timide e condizionate dai rigorismi europei, della distanza culturale e politica tra tutti gli attori di questa fase puramente oppositiva.
Se la Sinistra vuole davvero riconquistare uno spazio, dovrà operare delle rinunce e compiere un atto di generosità rivolto ad un popolo esausto e frustrato, abolendo confini e pretese di apparato.
Non proposte unitarie tardive dunque, magari avanzate con l’intendimento opposto di mantenere micro-recinti travestiti da solenni aperture, non reti che trattengono egoismi, bensì legami organici da affidare ad una Costituente coraggiosa, che coinvolga tutte le forze progressiste ed ecologiste, partitiche, associative, civiche, per dare vita ad un nuovo soggetto realmente rappresentativo e radicato.
Questo onestamente è lo spirito che da anni guida ogni nostra scelta, dall’indisponibilità a blindarci in un Congresso costitutivo mentre si sarebbe a breve verificata una rilevante separazione dal Partito Democratico, con il quale non abbiamo mai rinunciato ad interloquire, all’invocazione di percorsi decisionali allargati e autentici.
Non riporremo le nostre speranze, il ritardo è clamoroso, ma la situazione non è irrimediabile, i presupposti contestuali sussistono, si tratta solo di investirvi.
Irene Bregola
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