Qualcosa di nuovo si è affacciato all’orizzonte. La corsa per l’elezione del 45° Presidente degli Stati Uniti d’America ci sta consegnando una lettura diversa dal solito; sicuramente inaspettata.
Non siamo di fronte alla solita minestra riscaldata e non sottolinearlo sarebbe davvero un gesto miope.
Hillary Clinton ha fino ad oggi sbagliato veramente poco, o per meglio dire, ha costruito le condizioni a lei più favorevoli per la conquista del primo gradino del podio Democratico. Condivisibile o meno, resta pur sempre un “animale politico”, di razza pura, che ha saputo condurre fino ad oggi una corsa come l’aveva pensata e programmata: il buonsenso e la fermezza dei democratici contro l’arroganza repubblicana interpretata da un sempre più “irricevibile” Donald Trump. In questo scenario, che condizionerà il lungo cammino verso la fase finale dell’election day prevista per novembre, qualcosa di diverso è avvenuto. L’essenza da cogliere in queste primarie americane (termine impropriamente “italianizzato”) sta tutta nelle parole di colui il quale, finora, è risultato essere la vera novità dell’intero panorama, Bernie Sanders: “Questa campagna è per cambiare l’America”. Non è sbagliato pensare che questa volta lo stesso Sanders abbia peccato di modestia; questa campagna ha messo le basi per un vero e possibile cambiamento che non riguarda solo il Suo paese, ma va ben oltre!
Ogni tanto dovremo ricordare che stiamo parlando della mecca del capitalismo mondiale. E’ impossibile non comprendere a fondo il vero significato che sta dietro ad una serie di vittorie riportate da un candidato che, in questo particolare contesto, ha raccolto straordinari momenti di consenso parlando di lotta alla diseguaglianza, di progressismo economico e riduzione del potere economico e politico della classe dei “super-ricchi”, di potenziamento del welfare e di protezione dell’ambiente!
Lo spostamento verso un elettorato più “popolare” da parte della stessa ex – First Lady, non è figlio del caso. Le posizioni palesate dal socialista Sanders in questa campagna elettorale hanno sicuramente favorito lo spostamento dell’asse politico e programmatico della Signora Clinton. Sperare in una “remissione totale dei peccati” della stessa ex Segretario di Stato, sarebbe quasi utopistico, ma la realtà parla chiaro e dimostra un’evidente ripensamento su temi e questioni fino a ieri “untouchable” come quello riguardante la pensa di morte. Secondo la Clinton sarebbe da affrontare – ed applicare – in ambito Federale, non tra gli Stati membri, e solo in casi “estremi” come quelli riguardanti reati di stampo terroristico o questioni similari. E’ più che lecito, se non logico, pensare che questa visione più “morbida” sia proprio il frutto del netto rifiuto verso la violenza sulla vita umana esplicitato con forza dallo stesso Bernie Sanders.
Resta paradossalmente più facile parlare del Salvini italiano: Donald Trump. Diverso dal Nostro solo per la sua cospicua fortuna economica, il tycoon a stelle e strisce si fa forte della sua solidità finanziaria per dispensare attacchi al limite della decenza. Realisticamente parlando, le sue parole fanno paura. La sua linea politica è pressoché inesistente e forgiata sull’uso della forza e della supremazia del forte sul più debole, in senso lato e completo; sia dal punto di vista economico che sociale. Razzismo, xenofobia, strumentalizzazione di un nazionalismo portato al limite estremo rappresentano le gemme delle sue provocanti performance. In ogni luogo dove si presenta avvengono scontri, contestazioni e reazioni altrettanto esasperate. Trump si sente in una botte di ferro, come del resto i suoi supporter, protetti accuratamente dalla rabbia crescente dei giovani attivisti Afro americani di Black Lives Matter. Il ruolo del liberatore che “fa tornare grande l’America”, come recita lo slogan impresso come un marchio di fabbrica sul suo inseparabile quanto provocante berretto, gli si addice alla perfezione. Meno diplomatico di Bush e dello stesso Reagan, si avvia alla conquista della pole position in campo Repubblicano, benedetto oltretutto dall’endorsement della figlia del “mitico” Wayne.
Ancora una volta però, saranno soprattutto due i punti determinanti che faranno la differenza nella corsa alla Casa Bianca: l’immigrazione e la politica estera. E’ di nuovo Sanders a fotografare la realtà in modo impeccabile, ricordando che la storia dell’America è la storia di un popolo di immigrati, con le dovute riflessioni che dovrebbero scaturire. Un varco si è di fatto aperto nel buio; qualcuno ha dimostrato che si può non essere allineati e non condividere le ingiustizie e la disparità sociale che per oltre due secoli raramente è stata messa in discussione.
Il crescendo dei risultati ottenuti sembra confermare la più che probabile affermazione del duo Clinton – Trump, rispettivamente per democratici e Repubblicani. A novembre avremo la risposta definitiva.
di: Franco Astengo,
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di: Simone Oggionni,