Se dovessi individuare un solo aspetto -il principale- per il quale ritengo questo Governo Lega – 5 Stelle un governo pessimo, al di là della stessa singolare pantomima sulla Manovra di Bilancio, indicherei proprio il modo con il quale si rapporta al destino dell’Europa.
L’obiettivo infatti non sembra essere quello di “riformare“, cosa che richiede impegno, serietà, proposte, capacità di tessere alleanze.
E sappiamo che se non c’è una riforma vera, profonda, della costruzione europea la crisi definitiva dell’Unione è sicura.
Il fatto è che il mancato successo, nel 2013 in Italia, di quell’alleanza guidata da Bersani, che sembrava poter tentare col suo programma l’obiettivo di una qualche seria riforma della UE, lasciò nell’isolamento il già fragile Governo socialista francese ed ebbe un peso sullo stesso risultato negativo della Spd nelle Elezioni tedesche.
E’ in quel passaggio, in quella impossibilità a mettere mano -sia pure in extremis- ad un cambio di marcia, lo snodo decisivo che ha gettato l’Europa odierna nel dramma.
Sovranismi e nazionalismi europei, pur già presenti, sembravano fino ad allora ancora arginabili.
Intanto quel passaggio si intrecciava alla più generale crisi globale prodotta dagli squilibri della globalizzazione.
E’ lì, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del Duemila, che abbiamo perso la sfida per dare un segno sociale più equo ai processi globali che integravano il mondo.
Quella sfida fu persa dall’alto e dal basso, dal Centro-sinistra che fu detto mondiale e dal movimento che fu detto No Global.
Sfida persa per errori commessi, limiti soggettivi, introiezione di valori e contenuti avversari.
Ma fummo sconfitti anche perché vi erano noccioli duri oggettivi difficili da superare, perché gli avversari furono più forti e furono più capaci di fare egemonia.
Non dimentichiamo mai che a demolire il Muro di Berlino non furono i carri armati occidentali ma i giovani dell’Est nell’illusione entusiasta di diventare parte dell’Occidente opulento.
Il tentativo di dare battaglia dunque c’è stato ed è stato sconfitto. Nell’alto e nel basso.
Quel Centro-sinistra non era solo blairismo ma anche Jospin in Francia con la riduzione dell’orario di lavoro, il peculiare Centro-sinistra italiano con dentro Rifondazione e obiettivi di riforma sociale, Clinton negli USA.
Perfino più tardi – forse già fuori tempo e contesto – Barack Obama.
E dal basso il movimento No Global -egualmente sconfitto- che tentò la costruzione di un grande soggetto transnazionale in grado di competere a quel livello con la dimensione ormai finanziaria e globalizzata dell’Impresa.
La mancata riforma europea nei tempi supplementari del 2013 e quella precedente sconfitta profonda, storica, di Centro-sinistra e movimento No Global, sono l’intreccio perverso che ha spalancato la strada ai sovranismi di oggi.
La transizione d’epoca che è in corso pone dunque problemi grandi e sfide inimmaginabili solo pochi anni fa.
La sola vera idea che circola in queste ore a sinistra, quella di provare a incidere nelle contraddizioni tra Lega e 5 Stelle, è comprensibile ma tattica e fragile.
Quando Gramsci nel ’17 scrive che tre anni di guerra hanno cambiato il modo delle persone di stare al mondo, coglie lucido i segni della prima grande globalizzazione dell’epoca moderna.
E’ a questo livello che è obbligato a porsi chi come noi fa oggi i conti con la nuova, più pervasiva, forma di integrazione economica globale e con la contraddizione tra cosmopolitismo della sfera economico-finanziaria e il carattere ancora prevalentemente nazionale della sfera politica.
Inseguire i nazionalismi oggi vincenti ma in realtà privi di prospettive può diventare una sconfitta ancora più tragica di quella che abbiamo già patito.
In fondo la drammatica e composta lezione del mite e sfortunato Antonio Megalizzi apre alla sinistra -a tutte le sinistre- molti più orizzonti di qualche inutile scaramuccia nel cortile di casa.
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di: Emilio Russo,