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Ferrante (Partigiani del PD): “Vogliamo sostituire una classe dirigente scelta solo per la fedeltà a Renzi”

Parte dalla Sicilia la riscossa dei "Partigiani del PD"

di: Pasquale Cucchiara,

2 Febbraio 2018

Categorie: Italia, Politica Interna, Sicilia

Quattro componenti della segreteria regionale del Partito Democratico, Antonio Rubino, Carmelo Greco, Antonio Ferrante e Salvatore Gazziano hanno rimesso il mandato nelle mani del segretario regionale Fausto Raciti ed hanno fondato il movimento “I partigiani del PD”.
 
Una denominazione forte, di impatto che tende chiaramente a rivendicare una democrazia interna che non c’è all’interno del partito democratico da quando, in generale, Matteo Renzi è diventato il leader indiscusso del partito. Nonostante il tonfo del Referendum del 4 dicembre, l’ex sindaco di Firenze è stato riconfermato segretario grazie alla complicità delle varie correnti capeggiate da Orfini, Franceschini e Martina.
 
Questa leadership incontrastata gli ha permesso di lottizzare le liste elettorali del PD in vista delle politiche del 4 marzo e di escludere parte delle sue correnti alleate e, soprattutto, le minoranze guidate da Orlando ed Emiliano.
Il Renzi di Sicilia si chiama Davide Faraone, (ex sottosegretario all’istruzione e principale fautore della tanto detestata “Buona Scuola”) e in linea con l’indicazione nazionale ed in barba ad ogni forma di democrazia interna ha praticamente redatto in solitaria le liste elettorali in vista del 4 marzo violando il dettame congressuale in cui si era stabilito di ripartire la rappresentanza istituzionale in relazione ai rapporti di forza.
 
Il segretario politico dimissionario l’On. Fausto Raciti, tecnicamente non “Renziano” ma zitto zitto sicuro di un posto in parlamento (n2 nel collegio di Trapani dietro la super candidata Maria Elena Boschi), ha recentemente dichiarato sul giornale “La Sicilia” che non condivide merito e metodo nella composizione delle liste.
 
I quattro dirigenti regionali del Pd hanno il merito di aver sollevato, per la prima volta a livello nazionale, un dissenso di base clamoroso e dai toni forti e non è escluso che questa dissidenza possa espandersi a macchia d’olio su tutto lo stivale. Ad oggi, “i partigiani del PD” non sanno se faranno campagna elettorale e mentre Faraone gioca ad immaginare posti blindati il PD potrebbe perdere consensi e non eleggere qualche “protetto”.
 
Si tratta di una scissione di fatto? “no” – ci risponde perentorio Antonio Ferrante, da noi raggiunto tramite sms,
 
“perché il nostro obiettivo è quello di sostituire questa classe dirigente obbediente dove l’unico requisito richiesto è il grado di fedeltà al capo con le migliori risorse giovani di cui il nostro partito dispone che si formano e crescono nei nostri circoli”.
 
Conoscendo il modus operandi di Renzi l’appello di questi coraggiosi dirigenti cadrà nel vuoto e il movimento dei “partigiani del pd” potrebbe diventare in futuro, o almeno lo auspichiamo, una valida sponda per la sinistra siciliana che tenta faticosamente di emergere dopo il buon risultato ottenuto con la lista “cento passi con Claudio Fava”. Chiaramente, sul panorama nazionale, una eventuale ulteriore scissione potrebbe avvantaggiare il progetto di “Liberi e uguali” con Pietro Grasso.
Ad avvalorare la nostra ipotesi ci pensa direttamente lo stesso Renzi il cui obiettivo, non tanto nascosto, è quello di piazzare più deputati possibili, fedeli ed addomesticabili pronti a sostenerlo in qualsiasi circostanza; larghe intese comprese. Non a caso, il ministro Orlando, candidato alla segreteria del PD, nel corso dell’ultimo congresso aveva più volte rimarcato questa possibilità.
 
Adesso la palla passa ai “partigiani del pd” di tutta Italia su cui pesa la legittimazione di questa aberrante dirigenza politica.

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