in questi mesi a Torino, tutta la sinistra fuori dal Pd sta costruendo unitariamente la lista di Torino in comune. La città subalpina è una delle poche in cui si è trovata questa unità di forze, cosa che la rende un ottimo laboratorio per fare alcune valutazioni ” sul campo”.
Giorgio Airaudo era, oggettivamente, l’unico nome in grado di fare l’impresa di unire tutta la sinistra e di poter ambire realsticamente a superare percentuali da prefisso telefonico. Torino viene da quel ” sistema” che da decenni governa la città, sistema fatto da Pd, centrodestra, fondazioni bancarie, associazioni categoriali dele imprese e dei commercianti e poi ovviamente la Fiat. Un sistema che vede sempre girare le stesse quattrocento persone in tutti gli incarichi che contano, dove il merito poco conta e a contare davvero sono le amicizie e le entrature con chi ne fa parte.
La candidatura Airaudo si oppone a tutto ciò ripartendo dalla centralità del lavoro e dall’anteticità a tutti questi meccanismi. Questo è dunque un fondamentale risultato che si è raggiunto: una sinistra in grado di non fare testimonianza e che ha ben chiari quali sono i suoi referenti sociali come pure i suoi avversari.
Occorre però non nascondersi le difficoltà, se davvero si vuole che questa esperienza porti ad un sostanziale passo in avanti sia per quanto riguarda il processo nazionale che locale di unità a sinistra. La campagna elettorale è stata per ora contraddistinta da due facce opposte e tipiche del mondo della sinistra che tutti conosciamo: da una parte gli incontri casa per casa, di cinque persone alla volta, le assemblee popolari e di quartiere, tese a sviluppare un profilo popolare e di massa, dall’altra gli appuntamenti programmatici in locali smaccatamente ” alternativi” se non dei veri e propri centri sociali o posti che molto li ricordano, adattissimi ai nostri ambienti ma poco accoglenti verso l’elettore medio di Torino.
Vi è stata poi una forte caratterizzazione della Fiom, dalla quale Airaudo prooviene, caratterizzazione che se da una parte ha portato alla giusta radicalità ed attenzione per il mondo del lavoro, dall’altra ha visto l’inimicizia e la scelta per Fassino di gran parte della Cgil altra dalla Fiom; problema acuito, forse, anche per la nostra incapacità di parlare a tutta l’organizzazione.
Si è poi dato largo spazio alla cosiddetta società civile, fatta per la maggior parte di compagni che semplicemente non fanno più parte di partiti politici della sinistra in modo organizzato, ma che nè sono stati per lungo tempo ottimi dirigenti. Questo ha portato sicuramente ad un innalzamento della qualità e dell’inclusività della proposta politica di Torino in comune, anche per ciò che riguarda le presidenze di circoscrizione, con ben tre presidenti della società civile che saranno anche candidati per il comune come consigleri comunali, ma ciò ha dall’altra parte provocato la non equa rappresentanza delle forze politiche in campo, con parecchie di queste che si sono sentite letteralmente escluse e senza rappresentatività.
A due mesi dalla fine della campaagna elettorale, sicuramente tanti potranno essere gli aspetti positivi ancora da scoprire e tante le migliorie che potranno essere apportate per superare i problemi menzionati sopra, soprattutto se ci si porrà il serio obiettivo di farlo, senza rimuovere i dati di realtà per una sinistra a vocazione di massa, popolare, che veda nella centralità del lavoro il suo forte e radicato modo di essere.