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A proposito di faccia tosta

Non c'è limite all'arroganza dei Renziani

di: Roberto Gramiccia,

27 Giugno 2018

Categorie: Italia, Politica Interna

A tutto c’è un limite. C’è un limite per la faccia tosta, oltre il quale, si diventa spudorati. Non si sa se per cattiva fede o per autolicenziamento dal principio di realtà.
Ci riferiamo alla dichiarazione del capogruppo alla camera dem, Andrea Marcucci, il quale ha sostenuto a proposito degli esiti catastrofici per il suo partito dell’ultima tornata elettorale: “Il voto se non altro ha sgombrato il campo dal ruolo e dalle responsabilità di Matteo Renzi. Il 24 giugno il Pd ha perso anche senza Matteo Renzi”. Dichiarazione incredibilmente spericolata e controproducente perché riporta l’attenzione proprio su di una figura che sarebbe stato prudente non citare in questo momento, specie se a farlo è un renziano di ferro come Marcucci.
Se c’è una cosa, infatti, che ha dato al Pd il colpo di grazia è stata la scelta improvvida e vanagloriosa di Matteo Renzi di comparire in televisione, due giorni prima della Direzione del suo Partito, per dettare la linea in un momento delicatissimo per la vita del Paese, dimostrando il massimo del disprezzo per la collegialità democratica delle scelte del Pd e sputtanando in modo indecente il segretario reggente Martina. Come al solito Renzi – ormai lo conosciamo – non ha saputo resistere a sé stesso ed è dovuto scendere in campo per dimostrare che a comandare era lui e solo lui.
Ora è di tutta evidenza che il “ragazzo” non solo non è popolare ma ha raggiunto, se possibile, l’apice del discredito e dell’antipatia. Il suo ingresso a gamba tesa su Martina, quindi, il quale cercava, con esiti improbabili ma apprezzabile buona volontà, di rimettere insieme qualche coccio all’interno del Pd ha mandato tutto a gambe all’aria. Per chi cominciava a coltivare la speranza che il bullo di Rignano almeno per un po’ di tempo si sarebbe tolto di mezzo è stato un colpo durissimo. Risultato: si perde a Siena, Carrara e Massa in una volta sola. Parliamo di Toscana mica pizza e fichi.
Ora noi non la vogliamo fare troppo lunga. E nemmeno negare che la crisi del Pd e di quella che ancora si definisce impropriamente Sinistra abbiano a che vedere con la complessità di una congiuntura europea e internazionale sfavorevole, con la crisi verticale dei partiti socialisti e degli epigoni postmaturi di Tony Blair, con i frutti avvelenati della globalizzazione e così via. Non vogliamo personalizzare nulla, né banalizzare. Ma una cosa non possiamo non dire. C’è una firma grossa come una casa in calce al cumulo di rovine che ricopre il Pd, senza che per altro nessuno possa vantarsi di aver messo in cantiere nulla di presentabile al posto di questo partito (nonostante gli sforzi). Questa firma è quella di Matteo Renzi. Che ormai qualsiasi cosa fa produce macerie, come fosse una specie di Re Mida al contrario.
L’ennesima, rovinosa sconfitta elettorale, una cosa almeno la dimostra: non è chiaro cosa dovrà essere la Sinistra (e il Pd) di domani, ma una cosa è certa: non dovrà avere niente a che vedere con Renzi. Nonostante la faccia tosta di Marcucci che invece di aiutarlo, senza saperlo, gli ha assestato il colpo di grazia.

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