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Una Donna

Cosa significa essere femmina...?

di: Roberta Danovaro,

26 Maggio 2016

Categorie: Diritti, Società

«Cosa significa essere femmina…?»

Questa è la domanda che una nota rivista di moda ha posto a 15 adolescenti per rispondere a un’indagine di stampo sociologico (?).

Esistono delle proprietà definite che devono possedere tutte le donne per essere ritenute tali?

Alcune femministe sostengono esista una radice comune alla base della disuguaglianza di tutte le donne, ma è evidente quanto questa affermazione sia pressoché improbabile, in quanto spesso vengono descritti contesti culturali e sociali atti a rappresentare solo donne appartenenti a gruppi dominanti.

Perciò è possibile giustificare qualsiasi affermazione che si basi sull’essere donna o sull’esperienza vissuta in quanto donna?

La distinzione tra sesso e genere è considerata la via più sicura per garantire un elemento comune e incontestabile per risolvere il problema di nozione di donna, in quanto è innegabile la varietà dei modi di esserlo.

Simone de Beauvoir scrisse: ” Non si nasce donne: si diventa!”.

Vi è infatti una grande differenza tra l’essere femmina e l’essere donna.

Nel primo caso si tratta di una condizione determinata dalla biologia, perciò inerente a una certa configurazione anatomica. Essere donna, appartenere a un certo genere, è invece uno stato generato dai contesti sociali e culturali in cui si vive. Il concetto di genere inteso come prodotto collettivo ci permette di respingere l’idea diffusa che il sesso fissi automaticamente la posizione sociale di una persona, dimostrando l’esistenza di varie modalità di essere donna e quindi da non poter essere rappresentate tramite un’unica concezione.

Sarebbe inutile ripetere un ragionamento già affrontato da Judith Butler in “Questione di genere. Il femminismo e la sovversione dell’identità”, ma era importante sottolineare per l’ennesima volta la netta distinzione tra genere e sesso.

Oggi il mondo si divide in due categorie: quelli che ritengono la “parità” di genere un obiettivo raggiunto e quelli che si indignano per come le donne vengono trattate, rappresentate, umiliate nella politica, nella società e nei media. In Italia (e nel mondo occidentale) è ancora presente il virilismo classico del passato, protettore di una misoginia “aggressiva”, la prova di un problema identitario e di una forte riluttanza al cambiamento. Non è perciò un caso la recente necessità di polarizzare i generi (maschio e femmina), i sessi “naturali”, evidenziando una logica binaria e chiusa.

Lo svuotamento del messaggio neo-femminista e il successivo assoggettamento della “femminilità” hanno identificato le donne come una promessa di piacere, una proprietà del desiderio maschile, esaltandone l’apparenza. Le pubblicità tendono a convincere le donne che le battaglie del femminismo sono state vinte, evidenziando che l’uguaglianza tra i sessi è stata raggiunta, e propone l’immagine della superwoman; una donna indipendente, spesso seducente, protagonista di una vita sociale e privata avvincente. Una serie di stereotipi proposti con ossessiva insistenza dal mondo della comunicazione, tramite messaggi più o meno espliciti.

La strumentalizzazione del corpo femminile non è una novità, in questo caso è però chiara la svalutazione della donna, confinata a ruoli sciocchi e superficiali. Una dinamica considerata ancora come cattivo gusto e non come limitazione della libertà individuale.

“L’uomo è cacciatore, deve puzzare, la sua sposa deve essere una brava ragazza e ricevere l’approvazione della suocera”.

L’odierno protagonismo mediatico del corpo, sbandierato come “libertà” di disporre di sé e del proprio aspetto per “prestazioni d’immagine”, può essere considerato una nuova versione della sottomissione femminile?

“E’ la crema delle star, dicevano, non Isabella Rossellini. Mi mandarono tanti di quei fiori per il mio quarantesimo compleanno. Mi resi subito conto di essere morta… Avevo quarant’anni. Ero nel mio momento migliore. Sapevo chi ero. Era questo che le donne volevano più che un rossetto o un ombretto o una crema. Mi hanno licenziata perché ero forte.”

Isabella Rossellini.

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