Esse - una comunità di Passioni

L’Abbandono

L'Umanista #6

– Ciao

– Ciao

– Hai votato?

– No

– Perché?

– Tu? hai votato?

– Si!

– Perché?

– Perché è l’unico strumento che ho per dire la mia!

– Be’, c’è Facebook  e ci sono i blog per esprimere un’opinione

– Non saprei, facebook è più che altro uno sfogatoio:  lì posso discutere e arrabbiarmi con qualcuno oppure sostenerlo, ma non è precisamente la stessa cosa che dire la propria producendo un risultato. In effetti, anche nei partiti è difficile essere ascoltati, soprattutto dai dirigenti che dovrebbero prestare attenzione alla  base e in realtà decidono tutto fra loro, convinti di avere  la conoscenza giusta dei problemi e delle soluzioni

– Quindi?

-Quindi il vero mezzo è il voto anche se, ovviamente, lo posso usare solo una volta ogni tanto, quando c’è una qualche elezione locale o nazionale. In alcuni paesi come la Svizzera hanno il referendum propositivo che dà molto potere ai cittadini, ma qui non l’abbiamo, cioè possiamo promuovere solo referendum abrogativi di leggi già varate e solo raccogliendo prima moltissime firme; poi c’è da fare tutta la campagna informativa e ci vogliono soldi e organizzazione. È veramente difficile e comunque è solo uno strumento secondario perché, appunto, consente ai cittadini di intervenire su cose già fatte, non è quindi un vero momento decisionale, è più una possibilità di intervento su decisioni già prese,  per rifarle o per non farle mai più. Inoltre, siccome la legge che si vuole abrogare è stata approvata dal Parlamento per iniziativa dei gruppi politici o per proposta del Governo, siamo sempre lì, ti devi scontrare con la forza di questi che faranno di tutto per non far sapere ai cittadini la posizione dei referendari  condizionando l’informazione, soprattutto quella televisiva su cui hanno un ampio controllo

-E il voto alle elezioni, perciò, perché dovrebbe essere così importante se poi fanno quello che vogliono?

– Perché puoi decidere a chi dare più potere. Questo è molto importante

– Ma a me pare che la gente voti più con il cuore che con la testa e vota sempre gli stessi perché è un po’ come tifare per una squadra di calcio: anche se perde o sbaglia, è sempre la mia squadra e non vorrei tradirla.

– Questo modo di votare  come dici tu,  mi sembra più orientato dalla pancia che dal cuore. Agire con il cuore significa ascoltare i propri sentimenti, che sono l’elaborazione affettiva delle idee.  I sentimenti sono come l’abito che scegliamo per vestirci: abbiamo freddo o caldo e dobbiamo scegliere un vestito; con la testa decidiamo se deve essere pesante o leggero; con la pancia stabiliamo se in quel momento è meglio allegro o cupo, secondo il nostro umore; con il cuore misuriamo se piace a noi e a chi ci guarda: se ci mette in relazione con gli altri e in che modo. Se dovesse piacere solo a noi sarebbe un’ emozione solo nostra, che proviamo per noi stessi; non basta, fa sembrare la cosa inutile. Se invece scegliamo l’abito per piacere a noi e agli altri, questo è un sentimento che vorremmo condividere, qualcosa che le persone vedranno e apprezzeranno. Sarà un atto d’amore per noi  ma attraverso gli altri.
Votare col cuore secondo me significa questo, vuol dire dare un voto non a chi farà qualcosa per me, ma più cose per qualcuno per il quale io stesso  vorrei  attivarmi, perché in quel qualcuno io mi riconosco.

– Certo che messa così sarebbe una cosa diversa; diventa come una relazione fra me e gli altri, prima di una preferenza elettorale. Diventa qualcosa che ho visto raramente. Alla fine è quello che vorrei: votare col cuore nel modo che dici tu. Ma per farlo dovrei sentire e vedere qualcuno che mi chiede il voto per usarlo  come dici tu.

– Per la verità, non è che lo dico io. L’ha detto qualcuno d’importante, molti anni fa. E lo disse mentre se ne stava solo, senza vedere e sentire quasi nessuno, abbandonato per parecchio tempo ma aveva quello che dovrebbero avere tutti quelli che fanno politica e che lui chiamava “connessione sentimentale con il popolo”.
Si chiamava Antonio Gramsci e scriveva appunti e lettere. Lettere dal carcere.

-Be’, quello che dici tu è molto bello, ma anche molto difficile. Difficile scegliere chi votare con questo spirito.
Forse questa connessione c’è ma non fra me e qualcuno da votare. Per ora la sento con molta gente che a votare non ci va. E penso che  dovrebbe essere chi  cerca il mio voto che dovrebbe mettersi in connessione con me, e non il contrario. Credo che così lo riconoscerei senza troppi  sforzi e ricerche.
Penso che non siamo pochi a sentirci soli, abbandonati in questo interregno-anche io ricordo qualcosa di Gramsci- e connessi idealmente solo fra di noi.
Qualcuno ci scriva e ci parli.
Non c’è bisogno che lo faccia da un carcere.

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