Intervista di Luigi Nappi a Lidia Menapace, staffetta partigiana, senatrice della Repubblica Italiana, pacifista e femminista militante. Una fondamentale testimonianza, storica.
Un’ anno fa incontrai per la prima volta Lidia, sorridente sul divano a casa di una compagna, a Saviano, il mio paese in provincia di Napoli. Ricordo parlammo a lungo e di preciso della sua esperienza partigiana. Mi colpì molto la sua passione, la sua sobrietà, i suoi sentimenti sulla resistenza, infine, il suo sguardo lucido e severo nei confronti dell’attualità politica. Fu un incontro che mi arricchì l’animo e quel giorno fu per me un momento speciale, una conversazione che conservo gelosamente nella mia memoria. Oggi, a distanza di un anno sento la necessità di porre a Lidia le stesse domande e renderle pubbliche.
Da alcuni anni, assistiamo ad un lento affievolirsi di interesse nei confronti della resistenza che presenta caratteri celebrativi a tratti retorici, e pure, noi italiani dovremmo ricordare il 25 aprile come il giorno che ha permesso all’Italia di rinascere da una dittatura e che la resistenza partigiana ha ridato dignità ad un popolo umiliato dalla guerra e dalla povertà.
Gramsci diceva: ”Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani”. Dunque Lidia, tu non sei mai stata indifferente nei confronti della storia, come hai espresso il tuo desiderio di futuro, di democrazia, di speranza in una società migliore ?
In verità una certa deformazione e riduzione incominciò subito: ad esempio alla prima grande manifestazione del 25 aprile 1945 , che in verità si tenne a Milano l’8 maggio, le donne furono molto fortemente “consigliate” di non presentarsi, perchè, come disse Togliatti, il popolo non capirebbe; molte non ci andarono, le presenti furono insultate e derise, incominciava la riduzione delle donne a ruolo predeterminato e sottoposto al giudizio della morale più tradizionale e ai pregiudizi vigenti. Ciò insegna che la Resistenza, fase mirabilmente non guicciardiniana della nostra storia, aveva però spesso pregiudizi e ritardi non diversi da quelli della maggior parte della popolazione. La nostra presenza disturbava perché era segno di autonomia e autodeterminazione: la società italiana nel suo complesso non era affatto pronta a ricevere il messaggio delle donne. Per quel che ricordo, solo Vermicelli, un compagno di Arona che era stato fuoruscito in Francia ed era partigiano scrisse nel suo libro Viva Babeuf!, che la Resistenza doveva alle donne un riconoscimento speciale perchè avevano corso i rischi e mostrato il coraggio di tutti e in più avevano dovuto sfidare i pregiudizi i sospetti le maldicenze dovute al fatto che spesso stavano in banda, dormivano nelle tende insieme agli uomini e insomma erano giudicate, direbbero gentilmente i Francesi ‘ragazze di piccola virtù’, per non dire puttanelle. Qualche passo avanti é stato fatto da allora, non poi tanti sotto questo profilo. A me é servito molto usare ironia e autoironia e addirittura sarcasmo verso gli scemi “che non capiscono”, schernirli non è molto nobile, ma fa bene alla salute, salva dal mal di fegato.
Che cosa ha significato essere una donna partigiana ?
voglio solo soggiungere che una ragazza era ancor più esposta ai pregiudizi di una donna , ma eravamo anche meno visibili e passavamo per nostra fortuna inosservate, perché pure i nazi erano convinti che niente avrebbero potuto fare contro di loro delle ragazze che andavano ancora a scuola; così li prendevamo in giro, passavamo in bici con stampa clandestina e magari esplosivo nei cestelli sul manubrio, davanti a loro schierati armatissimi con le bombe infilate perfino negli stivali ed eravamo davvero soddisfatte di essere capaci di gabbarli.
Il 25 aprile si riduce solo ed esclusivamente ad una commemorazione di rappresentanza; cosa rimane oggi della resistenza partigiana ? La politica sta per caso perdendo la memoria ?
La resistenza é una scelta di vita, si resta partigiani/e, non si va in pensione; si ricorda in primo luogo che la memoria non si perde, non c’é l’Alzheimer dei popoli: si perde se qualcuno vuole che la perdiamo , c’è sempre una causa, una azione ad hoc, se si vuole far perdere la memoria a un popolo lo si fa perchè non riconosca rischi pericoli danni ingiustizie che tuttora esistono, un popolo privato di memoria vien condotto o spinto ovunque e questo è oggi il massimo pericolo del tempo.
Pietro Ingrao, in un famoso intervento, disse: “non mi avete convinto”. Lidia, cosa non ti ha convinto e non ti convince ancora oggi della politica Italiana?
Non mi convince una pratica politica fatta di parole vuote e di promesse non mantenute, senza domande, che non prende parte, non è partigiana: chi dice che non è di destra nè di sinistra è sicuramente di destra e fa solo fare passi indietro. Resistere è possibile e lo si deve fare non lasciando passare nulla senza interrogativi obiezioni opposizione , cancellando pregiudizi negazioni nascondimenti obnubilamenti e approssimazioni retoriche di moda. La situazione offre motivi di azione e presenta l’invito a una ben costruita rivoluzione culturale, di modifica delle opinioni gesti comportamenti valori, base di qualsiasi politica che voglia mutare lo stato di cose presenti.
Grazie Lidia per la tua disponibilità, per la tua preziosa testimonianza e per la tua costante presenza attiva nella politica italiana, rappresentando per noi, giovani generazioni della politica, un punto di riferimento.
Buon venticinque aprile, ora e sempre !
Sono nato nel 1985 a Nola, una cittadina della provincia napoletana, territorio vittima della camorra e dallo scellerato inquinamento ambientale definito "terra dei fuochi". Per questo ho scelto di lottare per una realtà diversa, a partire dalla realtà stessa. Scelsi di militare nel partito della rifondazione comunista e per circa dieci anni, ho intrapreso battaglie molto dure in un territorio molto complicato, in difesa del lavoro, a sostegno della legalità, a tutela dell' ambiente e dei beni comuni. Attualmente, insieme a tanti compagni, abbiamo dato vita ad un associazione politica culturale chiamata FRASTUONO, per la crescita del paese verso uno sviluppo armonico, sociale, culturale e morale. Seguo, con interesse i lavori costituenti per un partito della sinistra alternativa, conscio del fatto che essere comunisti e di sinistra è sempre stato difficile, oggi più che mai.
La Sinistra, Politica Interna,
di: Luigi Nappi,
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